Tevere ed Alta Valtiberina
a cura di Roberto Cecchi
Il Tevere, fin dalla sua nascita, è stato l'anima di Roma, e il fatto che la città gli debba la propria stessa esistenza è descritto già dalla prima scena della leggenda di fondazione, con Romolo e Remo nella cesta che, arenati sotto il ficus ruminalis, succhiano il colare zuccherino dei frutti in attesa di una vera poppata.
Tutti gli insediamenti preromani il cui convergere diede luogo alla città eterna "vedevano" il Tevere dall'alto e non da vicino, per evidenti ragioni di difesa e perché il Tevere è sempre stato un fiume irascibile, soggetto a piene improvvise. Il punto più guadabile era all'Isola Tiberina, accanto alla quale si localizzò inizialmente il punto di scambio tra le popolazioni etrusche che dominavano la riva destra e i villaggi del Latium vetus sulla riva sinistra; in quella zona che sarebbe poi divenuta il Foro romano a partire da un più modesto Foro boario. L'Isola era, inoltre, il punto fin dove le navi antiche, di basso pescaggio, potevano risalire direttamente dal mare. Poco a valle dell'Isola fu costruito (in legno, e tale rimase per diversi secoli) il primo ponte di Roma, il Pons Sublicius. Per le popolazioni arcaiche questo ponte e la sua manutenzione erano così importanti che in relazione a essi nacque il più antico e potente sacerdozio romano: il Pontifex. Il fiume stesso era considerato una divinità (Pater Tiberinus: la sua festa annuale, le Tiberinalia, l'8 dicembre).
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Il Tevere (anticamente Albula, poi Thybris ed infine Tiberis) è il principale fiume dell'Italia centrale e peninsulare; con 405 km di corso è il terzo fiume italiano per lunghezza (dopo il Po e l'Adige).
L'antico idronimo del fiume Albula in riferimento al colore chiaro delle sue acque bionde. Un altro antico nome del Tevere è stato Rumon, di origine etrusca, da molti collegato al nome di Roma.
Il nome attuale deriverebbe secondo la tradizione dal re latino Tiberino Silvio, che vi sarebbe annegato.
Secondo Virgilio, invece, già gli Etruschi lo chiamavano Thybris.
Porti e trasporti sul Tevere
Progredendo l'interramento del fiume, le navi non poterono più arrivare fino all'emporio (sotto l'attuale rione di Testaccio), ma merci e passeggeri continuavano a giungere a Roma via fiume col metodo dell'alaggio: su chiatte o barconi rimorchiati dalla riva: la forza motrice per risalire il Tevere, che nei periodi di magra non offriva più di due metri e mezzo di pescaggio, era costituita da buoi ma anche, al bisogno, da uomini. Il sistema era ancora in uso a metà dell'Ottocento, quando i buoi vennero sostituiti da rimorchiatori a vapore, che trascinavano tre o quattro chiatte, come avveniva sulla Senna fino a non molti anni fa.
Il porto dell'Emporium era stato abbandonato già in epoca medioevale, e il nuovo attracco si consolidò sulla riva destra, detta "Ripa Romea": era in effetti molto più comodo per i pellegrini sbarcare sulla riva dove era posto il Vaticano. Modificando il percorso delle mura a porta Portese, il porto venne ricostruito nel 1642 un po' più a monte e divenne il porto di Ripa Grande, dedicato a merci e uomini in arrivo da Ostia. Sulla riva sinistra, a monte di Castel Sant'Angelo, venne costruito nel 1704 il porto di Ripetta, dedicato soprattutto al traffico con il retroterra umbro.
Sul Tevere navigavano imbarcazioni di tutti i tipi (anche a vela: tre giorni fino a Orte). Oltre alle chiatte trainate da rimorchiatori, alle barchette dei pescatori, c'erano anche piccole barche per trasbordare le persone da una riva all'altra.
Un'altra presenza sul fiume, che datava dal Medioevo e della quale ora non c'è più traccia, erano i molini ad acqua (a Roma detti "mole", anche nel linguaggio ufficiale della burocrazia annonaria), ancorati in gran parte vicino all'Isola Tiberina.
La storia delle mole a Tevere iniziò quando Vitige, re dei Goti tagliò durante l'assedio del 537 l'acquedotto Traiano che forniva energia ai mulini sul Gianicolo: la soluzione trovata da Belisario fu quella di installare coppie di barche incatenate: ogni coppia era dotata, al centro, di una ruota che azionava le macine di pietra alloggiate sulle barche stesse.
Oggi difficile immaginare quanto "fluviale" potesse essere la città antica e fino ad un secolo fa. Ma questa connessione con il fiume, che certo era una risorsa economica notevole, era anche - da sempre - ad alto rischio. Già Tito Livio attesta che le piene del Tevere, spesso disastrose (come quelle del 215 a.C.) comportavano -oltre che distruzioni - epidemie causate dal ristagno delle acque.
La spinta definitiva a riprendere l'elaborazione di un sistema di difesa della città dalle furie del suo fiume venne certamente dalla disastrosa alluvione del 28 dicembre 1870. L'inondazione arrivò, quella volta, a più di 17 metri oltre il livello normale del fiume (praticamente fino a piazza di Spagna). Il 1º gennaio 1871 fu nominata un'apposita Commissione di studio che in quattro anni non produsse risultati. Finalmente nel 1875, dopo aver respinto una proposta di Garibaldi di deviare il corso del fiume, la Commissione approvò l'arginatura con muraglioni del fiume da Ponte Milvio alla Basilica di San Paolo fuori le mura, la rimozione di ostacoli e la pulitura dell’alveo e una stabilizzazione della sua ampiezza a 100 metri.
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Le sorgenti (due, a 10 mt di distanza tra loro) del fiume Tevere si trovano sulle pendici del Monte Fumaiolo a 1268 m s.l.m., sul lato che volge verso la Toscana, vicino alle Balze.
Le sorgenti (due, a 10 mt di distanza tra loro) del fiume Tevere si trovano sulle pendici del Monte Fumaiolo a 1268 m s.l.m., sul lato che volge verso la Toscana, vicino alle Balze: fu Mussolini nel 1923 a spostare i confini regionali, includendo il monte Fumaiolo e la cosiddetta Romagna Toscana nella regione a est dell'Appennino, per assecondare il desiderio che le sorgenti del Tevere si trovassero nella sua provincia di origine. Accanto alla sorgente nel 1934 è stata posta una colonna di travertino, dove appaiono tre teste di lupo e sovrastata da un'aquila rivolta verso Roma, con incisa la frase retorica Qui nasce il fiume sacro ai destini di Roma.
Dopo pochi chilometri il Tevere lascia la Romagna ed entra in Toscana (provincia di Arezzo). Le principali località attraversate sono Pieve Santo Stefano, Sansepolcro, Città di Castello, Umbertide, Orte e Roma.
L'Alta Valle del Tevere o Altotevere o Valtiberina è il primo tratto della valle del fiume Tevere, che si estende dalle sorgenti del fiume sul Monte Fumaiolo fino al comune di Umbertide. Orograficamente il territorio è delimitato dalla catena collinare del preappennino, che include l'Alpe di Poti verso Arezzo, dall'Alpe di Catenaia verso il Casentino e dall'Alpe della Luna verso la Romagna e le Marche. Tre importanti valichi mettono in comunicazione la valle con la vicina area adriatica: Viamaggio verso Rimini, Bocca Trabaria verso Urbino e Bocca Serriola verso Fano.
l'Alta Valle del Tevere costituisce, dal punto di vista geografico, sociale ed economico, un unico bacino nel quale vivono circa 109.000 abitanti, di cui 31.000 nella parte toscana e 78.000 in quella umbra. Amministrativamente l'Alta Valle del Tevere comprende anche i comuni di Badia Tedalda (in Valmarecchia), Sestino (nella Valle del Foglia) e Umbertide (nella Media Valle del Tevere). Attraversata longitudinalmente dal fiume Tevere, la valle è solcata nella stessa direttrice dalla strada di grande comunicazione E45 e da una linea della Ferrovia Centrale Umbra, la Sansepolcro-Terni.
Solitamente si distingue tra Valtiberina toscana e Altotevere umbro, a motivo della divisione venutasi a creare nel fondovalle in età medievale tra 1385 e 1441: nel 1385 i castelli di Anghiari, Monterchi, Caprese Michelangelo, Pieve Santo Stefano e Badia Tedalda passarono alla repubblica fiorentina insieme a tutto il contado aretino; nel 1441 papa Eugenio IV cedette a Firenze la città di Sansepolcro (vv la Repubblica di Cospaia). Inoltre, nel XVI secolo, entrò a far parte del territorio fiorentino, e quindi della Valtiberina toscana, il territorio di Sestino, geograficamente parte della Valle del Foglia. Nella Valtiberina toscana i comuni di: Anghiari; Caprese Michelangelo; Monterchi; Pieve Santo Stefano; Sansepolcro.
L’ambiente della Valtiberina toscana è molto vario, spaziando dal fondovalle fluviale, alle colline circostanti, fino alle vette degli Appennini, da cui nascono il Tevere (M. Fumaiolo), e poco ad ovest l’Arno (M.Falterona, ma siamo già nella valle limitrofa del Casentino). Sono presenti sia boschi che campi coltivati, e le attività economiche principali rimangono per questo l'agricoltura, l'allevamento, la pastorizia e la raccolta dei prodotti boschivi. L'irrigazione regolare possibile grazie all'invaso ha permesso di praticare in Valtiberina anche l'agricoltura intensiva
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Tra le personalità storiche dell'Alta Valle del Tevere in epoca medievale risaltano i capitani di ventura Braccio da Montone e Baldaccio d'Anghiari. Da Sansepolcro, provengono i pittori rinascimentali Piero della Francesca e Matteo di Giovanni, così come il matematico e inventore della ragioneria Luca Pacioli. Nacque a Caprese Michelangelo Buonarroti. È di Pieve Santo Stefano il celebre statista Amintore Fanfani. A Città di Castello sono nati Alberto Burri e, in tempi più recenti la modella e attrice Monica Bellucci, mentre è nata a Umbertide, ma è cresciuta a Sansepolcro l'attrice Valentina Lodovini.
MONTEDOGLIO: IL LAGO PIU' ESTESO DELLA TOSCANA
L'invaso di Montedoglio è un bacino artificiale progettato nei primi anni 1970 e costruito a partire dal decennio successivo dall’Ente Irriguo Toscano, poi Ente Irriguo Umbro Toscano, sbarrando il corso del Tevere. La diga di Montedoglio serve a mantenere il lago gestendone il flusso d'acqua, che rifornisce principalmente il comprensorio della Valtiberina toscana, formato dalle reti idriche dei comuni in cui il lago è compreso a cui si aggiungono anche Monterchi, Badia Tedalda e Sestino (compresa l'exclave di Ca' Raffaello). Il bacino irriga anche la Valtiberina umbra e regola il flusso del Tevere, evitando secche d'estate. Tramite un vasto sistema di condutture e pompe, anche buona parte del resto della provincia di Arezzo beneficia dell'acqua del lago, così come della produzione di energia elettrica fatta dalla locale centrale idroelettrica subito a valle della diga (produzione media 3,5 GWh. Rifornisce anche il lago Trasimeno (cui fornisce 30 mil. di mc di acqua l’anno). Il lago, formatosi nei primi anni '90, ha un fondale che si sta ancora stabilizzando, ed il bacino viene mantenuto entro un limite di 130 milioni di mc annui di acqua; che potrà arrivare in seguito a 145 (200?) mc annui. Nel 2010 ci fu un crollo parziale della diga, poi riparato senza particolari conseguenze.
Prende il proprio nome dall'adiacente collina di Montedoglio, su cui sorgeva l'omonimo castello medievale, distrutto durante la seconda guerra mondiale. A sua volta "Montedoglio" è una storpiatura di "Montedoro", italianizzato dall'originale latino Mons Auri, probabilmente dovuto alla colorazione particolare della collina. Il lago è collocato tra i comuni di Anghiari, Caprese Michelangelo, Pieve Santo Stefano e Sansepolcro,
Storia. La zona è stata fin dai tempi antichi di notevole importanza strategica, e nel medioevo vi sorgevano numerosi castelli.
Il fatto che la zona della Valtiberina potesse potenzialmente ospitare un bacino idrico era noto da lungo tempo, almeno fin dal Rinascimento: Piero della Francesca, sul verso del suo doppio ritratto dei duchi di Urbino, ritrasse proprio il paesaggio dove in futuro sarebbe sorto il lago, all'epoca parzialmente allagato da un'inondazione del Tevere.
Pesca. Nonostante l'abbondanza di pesci (vv di seguito) nel lago la pesca non è molto sviluppata: non vi sono porti, né facili accessi allo specchio d'acqua; le fluttuazioni del livello dell'acqua e la morfologia variabile delle rive non permette ai pesci di stabilire zone di residenza stabile; inoltre il fondale del lago è fortemente irregolare, poiché molti degli elementi paesaggistici sommersi alla creazione dell'invaso (edifici, alberi, arbusti, rocce, strade) esistono ancora poco al di sotto della superficie dell'acqua e rendono per questo difficoltoso qualsiasi tentativo di pesca. Nell'invaso è comunque permesso pescare (da riva, mentre da imbarcazioni è vietato), previo possesso di regolare licenza. A seconda del comune che esercita giurisdizione sulle rive del lago, possono cambiare le normative relative alla pesca locale.
Turismo. Il turismo e le attività ricreative presso il lago dovrebbero essere regolamentate alla luce del non completo assestamento del lago e della tutela delle specie animali e vegetali della zona. Non è comunque infrequente vedere canoe, windsurf, pedalò e barche a remi solcare le acque del lago, e alcuni piccoli pontili e rimesse private sono stati costruiti sulle rive (soprattutto presso Madonnuccia). Data l'alta popolazione di volatili, anche l'osservazione degli uccelli è un'attività ricreativa popolare a Montedoglio. Attualmente vige invece il divieto di balneazione e quello di navigazione con barche a motore nelle acque del lago
Patrimonio faunistico. capriolo, cinghiale, volpe, lepre, scoiattolo e tasso. Per la fitta vegetazione, la scarsa antropizzazione e la conformazione delle sponde, la popolazione di uccelli è numerosa: ghiandaia, corvo, merlo, tordo, fagiano, beccaccia e la poiana. All'interno del lago sono presenti numerose specie di pesci: cavedani, scardole, barbi, vaironi, carassi, tinche, carpe, brème, trote, rovelle, persici reali, lucci, sandre e persici sole. (di queste molte sono state introdotte una volta formatosi il bacino),
Aree protette. La ricchezza ambientale del lago di Montedoglio e dei territori limitrofi ha conferito una grande valenza ambientale alla zona. Sono per questo state istituite alcune aree protette in prossimità del bacino, in particolare quelle di Golena del Tevere e Serpentine di Pieve S. Stefano.
Impatto ambientale. La costruzione dell'invaso ha inevitabilmente alterato i locali ecosistemi e i relativi equilibri ambientali. Le conseguenze più importanti sono state un abbassamento della temperatura delle acque del fiume e una regolarizzazione del suo flusso, prima più imponente d'inverno e scarso d'estate.
Estratto da un video di AXO Drone
Trionfo dei duchi di Urbino di Piero della Francesca; il paesaggio ritratto sullo sfondo è identificato come l'Alto Tevere tifernate-sansepolcrino, su cui sarebbe sorto il lago di Montedoglio
Mappa settecentesca della zona di Montedoglio
La terza e più singolare curiosità riguarda "la incredibile storia della REPUBBLICA DI COSPAIA" (cliccarvi sopra per giungere ad un documento che la descrive)
Tre curiosità storico-geografiche sono riferibili alla alta valtiberina toscana.
Le prime due sono descritte di seguito e la terza, forse ancor più singolare, merita una trattazione più lunga e la trovate come documento pdf allegato.
SESTINO
Benché faccia parte geograficamente della valle marchigiana del Foglia, Sestino è il comune più orientale della provincia di Arezzo e della Toscana.
Luogo frequentato in antichità da etruschi, piceni, umbri e galli senoni, nel I secolo a.C. divenne uno strategico municipio romano. Dopo rimase a lungo sotto l’influenza bizantina. Dal 1371 al 1465 fu possesso dei Malatesta di Rimini, finché nel 1520 fu assegnato da papa Leone X a Firenze, che allora tentava di estendere i propri domini fino all’Adriatico (come a suo tempo aveva fatto Arezzo sotto la guida dei Tarlati)
CA' RAFFAELLO - ROFELLE - SANTA SOFIA
Con i suoi quindici chilometri quadrati di estensione è la exclave interregionale più grande d’Italia: Ca’ Raffaello, è un territorio della Toscana immerso nella Romagna (a quel tempo era delle Marche). Un luogo stranissimo, a soli 50 chilometri dall’Adriatico ma in Toscana. 200 aretini circondati dalla Romagna: è nel 1607 che i Gonzaga di Novellara vendettero questo territorio al Granduca di Toscana Ferdinando I. Oltre a Ca’ Raffaello ci sono altri piccolissimi abitati come Cicognaia e Santa Sofia, di pochissime case. C’è un solo negozio in tutta l’exclave e per fare la spesa tocca per forza sconfinare in Romagna a Molino di Bascio.