top of page
a cura di Lions Club Arezzo Chimera

Arezzo incrocio di pellegrini

a cura di Roberto Cecchi

maxresdefault.jpg

Nel Medio Evo Roma diventa sede di pellegrinaggio religioso per i cattolici; ancor più dopo la caduta di S. Giovanni d'Acri, ultimo baluardo cristiano in Palestina (1291). La definizione stessa dei pellegrini cambia: diventano 'Pellegrini Romei'.

Le comunicazioni non erano certo facili: l'antica viabilità romana in progressivo disfacimento, sostituita quasi sempre da sentieri (o poco più), battuti dal passo dei viandanti, attraverso natura rigogliosa e aspra, tra un villaggio e l'altro e tra le poche città esistenti; in un itinerario molto lungo, sia in distanze che in tempi di percorrenza. Da quì la necessità di ripari, ostelli, spedali, pievi ed abbazie, che fungessero da punti di riferimento, di ristoro fisico e spirituale, per i pellegrini e che ancor oggi restano vestigia murarie tra le più importanti di quei periodi..

Come detto altrove (vv ‘Arezzo attraverso le sue sconfitte’) Arezzo è sempre stata posizionata in un fortunato crocevia tra nord e sud e tra ovest e est proprio perché sul nostro territorio si affacciano alcuni dei valichi appenninici da sempre più facilmente superabili. Per tale motivo da Arezzo sono passati tanti eserciti e la città è stata particolarmente contesa. Anche per il passaggio dei Pellegrini nel suo territorio potevano transitare sia 'i francigeni' che si erano spinti più a est, quanto 'i germanici' che avevano scelto la ‘melior via’ descritta dall’abate benedettino ‘Alberto de Stade’,

Per il transito verso Roma dei Pellegrini si parla comunemente di via Francigena e di via Germanica. In realtà sia l’una che l’altra non devono essere intese come veri tracciati univoci, piuttosto come direttrici che contemplavano un notevole numero di variabili, un ventaglio di percorsi alternativi (tutte le strade portano a Roma). Ma se questo è vero, è altrettanto vero che due percorsi specifici in particolare conosciamo bene, per mano di due pellegrini d'eccezione.

La via Francigena prende questo nome al termine della dominazione Longobarda in Italia (774), sostituita almeno nel nord da quella dei Franchi. In realtà il tratto italiano di tale percorso nasce proprio in epoca longobarda, per la necessità di quel popolo di connettere il regno di Pavia e i ducati longobardi del meridione (uno tra tutti Benevento), intorno al VI° secolo.

Ma abbiamo poi un interessante resoconto della Via Francigena negli scritti di Sigeric da Canterbury, prelato inglese ed arcivescovo dell’omonima città, vissuto a cavallo del X secolo d.C, narrante il viaggio di ritorno da Roma, dopo aver preso il paramento liturgico (il 'Pallio') direttamente dalle mani di papa Giovanni XV.

La descrizione del viaggio è molto precisa soprattutto per quanto riguarda i punti di sosta, dove i pellegrini si rifocillavano, riposavano e si scambiavano racconti ed informazioni sulla strada da percorrere. In questo resoconto si fa anche riferimento al vitto, come vedremo più sotto, prevalentemente a base di pane, zuppe di verdure stagionali (insaporite, quando si era fortunati, da qualche pezzo di carne o lardo di maiale) e pesce bollito.

Invece la ‘melior via’, come egli stesso la definisce,  è descritta dall’abate benedettino ‘Albert de Stade’, monaco viaggiatore, che negli Annales Stadenses, narra delle esperienze avute nel 1236 durante la missione per chiedere al Papa l'approvazione della nuova Regola monastica per la sua comunità. L'abate Albert analizzò diversi percorsi verso Roma, descrivendo luoghi, caratteristiche e distanze. Vi si può leggere una descrizione dettagliata della ‘via migliore’ per i pellegrini provenienti da Germania, Scandinavia e Paesi Baltici per raggiungere Roma: La via Romea Germanica (chiamata poi in vari modi come vedremo). Stade (il porto vecchio della città fu costruito intorno all’anno 1000. Diventò ben presto un centro fiorente e potente, membro della Lega Anseatica, l’antica confederazione di città dell’Europa del nord) è la città di provenienza dell’abate nonché la città di partenza sul Mar del Nord di questo percorso, descritto come non più che una mulattiera attraverso l’Appennino tra Romagna e Toscana, ma parte di uno dei principali itinerari che nel Medioevo collegavano il Nord Europa con Roma e la Terra Santa. Questa direttrice viaria, che vide il passaggio di re, papi, crociati, santi, pellegrini ed eserciti, è facilmente individuabile su qualsiasi carta geografica, e costituisce, senza ombra di dubbio, uno dei più importanti monumenti storico-geografici d’Europa. Eppure essa è poco nota, e pochi sono coloro che sono consapevoli della sua portata culturale.

Canterbury

Stade

​

Il viaggio del pellegrino, quasi sempre a piedi, se non altro per motivi penitenziali, era così tutt’altro che facile. Prima di mettersi in cammino il pellegrino si riconciliava con tutti, faceva testamento e, (qualche volta), pagava i propri debiti. Al di là dei rischi derivanti da una società violenta ed anarchica come quella medievale (non era raro incontrare lungo il cammino briganti e bande armate), le maggiori insidie derivavano dalla spossante fatica delle lunghe marce attraverso luoghi aspri e selvaggi, e naturalmente, dalla fame.

peregrinare: per agro ire

mirarte-tour-presenza-medioevo-viaggio-small

Getty-images

01

Vie Francigene

La via Francigena da Canterbury e Roma serviva i pellegrini provenienti dall’Europa occidentale: dal Regno Unito (dalla Scozia dopo lo scisma anglicano), dal Benelux e dalla Francia, con immissione dei pellegrini che giungevano dalla penisola Iberica; transitava perlopiù dalla Liguria o dalla Val d’Aosta: nel primo caso attraverso la Lunigiana e la Versilia, toccando Lucca o Pisa, per muoversi lungo l’Aurelia o attraversare la Toscana in direzione della Cassia; Dalla Valle d'Aosta a Pavia, attraversando gli Appennini verso la Lunigiana oppure tra le province di Piacenza e Parma verso Lucca, San Gimignano o Poggibonsi, Siena e Viterbo, per terminare a Roma. Oppure scivolava a nord degli appennini traversandoli da Bologna o addirittura da Forlì, raggiungendo così o la via romea della Sambuca o la via romea dell'Alpe di Serra; riunendosi cioè ai pellegrini germanici in terra d’Arezzo. A testimonianza di quest’ultimo percorso, si può ad esempio ricordare che la consuetudine del passaggio di pellegrini provenienti dall'Irlanda e dalla Scozia ha dato origine, già nell'alto medio evo, alla chiesa forlivese, oggi scomparsa, di San Pietro in Scotto o in Scottis. I francigeni che arrivavano nel nostro territorio aretino erano così quelli che erano rimasti a nord degli Appennini fino a Modena o Bologna, per dirigersi in seguito attraverso Arezzo verso Orvieto, percorrendo la Valdichiana o la meno paludosa Val d’Orcia. Oppure coloro  che giungevano fino a Forlì prima di superare l’appennino, ricongiungendosi quindi con i pellegrini provenienti dall’Europa centro-orientale attraverso la più antica via romea dell’Alpe di Serra o alternative che andiamo ad esaminare.

03

via dell'Alpe di Serra

La Via Romea Germanica percorre quasi 2.200 chilometri da Stade a Roma, e attraversa 3 Paesi, in 94 tappe: 44 in Germania, 4 in Austria e 46 in Italia. Prima di arrivare in Italia la Via Romea attraversa l’Alta Sassonia, la Turingia e la Baviera in Germania, per raggiungere le Alpi austriache, Innsbruck e varcare la frontiera al Brennero. La via Romea Germanica, nel suo tratto italiano dal Passo del Brennero a Roma, è lunga 1019 chilometri. Segue la valle del fiume Isarco per Vipiteno e Bressanone. Sale sull’altopiano del Renon, dove si gode di una delle più belle viste dell’arco alpino. A Bolzano precipita nella Valle dell’Adige, che segue fino a Trento (città ove prese avvio la Controriforma cattolica nel XVI secolo). Si inerpica fino al lago di Levico, affianca il fiume Brenta, a Bassano del Grappa s’immette nella Pianura Padana, e continua verso Padova. Costeggia una miriade di canali e alle porte di Ferrara o si dirige verso Bologna o si apre verso il grande regno d’acqua del Delta del Po. A pochi chilometri l’Abbazia romanica di Pomposa, antico centro religioso benedettino ben noto ai pellegrini medievali. Risale al VII secolo e venne costruita sull’Insula Pomposia, un’isola boscosa circondata da due rami del fiume proprio in mezzo all’acqua. Possedeva una delle maggiori biblioteche dell’epoca e ospitò tra gli altri il monaco Guido d’Arezzo detto Pomposiano, inventore della scrittura musicale. Attraversando le Valli di Comacchio, prosegue fino al mare Adriatico. Si raggiunge poi Forlì dopo aver toccato la bizantina Ravenna. Comunque a Forlì ha inizio la strada che, risalendo la valle del Bidente, oltrepassa Santa Sofia e Bagno di Romagna e sale tortuosa al già nominato Passo Serra, in prossimità dell’attuale passo dei Mandrioli. Appena giunta in Toscana si biforca tra la Valle Santa e La Verna, per poi riunirsi nella Valle dell’Alto Arno (il Casentino), che segue fino ad Arezzo. Dopo Bagno di Romagna, i pellegrini si inoltravano nel cuore delle Foreste Casentinesi, luogo di pace e di meditazione, (vv nella sez. Ambiente, la pag su ‘Le Foreste Casentinesi’).

Il percorso, degrada poi per il Casentino verso Arezzo e prosegue verso Orvieto, passando lungo le pendici di Lignano e gli altri monti che delimitano la Valdichiana a nord est, fino a Cortona, oppure dirigendosi sul Senese, verso la Val d’Orcia; e poi arriva ad Orvieto. Poco prima di Civita di Bagnoregio, a Montefiascone si unisce ad un ulteriore percorso della Via Francigena. Fa tappa a Viterbo e nell’antichissima città di Sutri; infine giunge a Roma.

​

06

a piedi dal Casentino alla Valdichiana oggi

prima tappa   Da Bagno di Romagna a Corezzo seguendo il lastricato originale dell’antica mulattiera si raggiunge il Passo della Serra attraverso l’unico collegamento fra Romagna e Toscana fino all’Ottocento; da qui è possibile camminare sul percorso storico fino all’antico borgo di Corezzo o proseguire lungo l’itinerario alternativo fino a La Verna, che dal 1224, anno in cui Francesco d’Assisi vi ricevette le stimmate, diventa essa stessa tappa di pellegrinaggio.

seconda tappa   Da Corezzo a Chitignano Attraversato il piccolo paese di Corezzo, scendiamo sulla strada provinciale e prendiamo la mulattiera fino a raggiungere il villaggio di Frassineta e successivamente Casa Santicchio, dove è possibile dormire e mangiare. Procediamo diritti sull’antica strada in mezzo alla foresta, passiamo dal villaggio di Pezza e dalla sua caratteristica fonte e continuiamo per Giona, Banzena, Caselle fino a Campi: menzionato dall’abate di Stade come luogo di sosta. Il percorso storico prosegue in direzione dei villaggi medievali di Sarna e Ròsina e superata la “fonte delle acque ferrugginose” raggiungiamo il centro di Chitignano.

terza tappa     Da Chitignano a Subbiano - Capolona

Ripartiamo da Chitignano e ci dirigiamo verso il Castello degli Ubertini per una breve visita prima di tornare sul percorso. Seguiamo la strada asfaltata, ma non trafficata, che scende sul Rio Talla e arriviamo al Castello di Valenzano: costruito alla fine del IX secolo come torre di vedetta, attualmente ospita una residenza d’epoca. Il cammino prosegue tra boschi e campi fino a Subbiano: detto anche la porta del Casentino, si estende sulla riva sinistra dell’Arno.

quarta tappa    Da Subbiano - Capolona ad Arezzo

Da Subbiano la Via Romea Germanica costeggia l’Arno fino a Pieve a Sietina dove gli etruschi edificarono un tempio dedicato al dio Satres (Saturno), da cui deriva il nome della località. Da visitare l’antica pieve romanica che conserva affreschi del Trecento e rinascimentali. Il percorso attraversa la campagna aretina fino ad Arezzo, una delle maggiori lucumonie etrusche e in seguito, un centro romano di importanza strategica. Cuore della città è Piazza Grande, circondata da splendidi palazzi come il Palazzo delle Logge, con le caratteristiche botteghe sotto il portico.

quinta tappa    Da Arezzo alla Pieve di Sassaia

Da Piazza Grande il percorso esce dalla città di Arezzo e conduce direttamente davanti al Santuario di Santa Maria delle Grazie, con il suo splendido portico ispirato allo Spedale degli Innocenti del Brunelleschi. In questa tappa, la Via Romea Germanica entra in Valdichiana attraversando estesi boschi cosparsi da pievi e castelli e segue un’antica strada, si dice percorsa anche da Annibale prima della battaglia del Lago Trasimeno, fino alla Pieve di Sassaia. Edificata nell’anno mille oggi è adibita a ostello per pellegrini.

Sesta tappa      Dalla Pieve di Sassaia a Cortona

Dalla Pieve di Sassaia il percorso prosegue in direzione di Castiglion Fiorentino, borgo medievale dal cuore etrusco. Da visitare, il loggiato cinquecentesco di fronte al Palazzo Comunale: un vero e proprio balcone architettonico da cui affacciarsi per godere il panorama della Valle. Da Castiglion Fiorentino il cammino continua tra magnifiche vedute della Valdichiana fino a Cortona. Di origine etrusca, è una città ricca di musei e opere d’arte: vale sicuramente la pena visitare il Museo dell’Accademia Etrusca e il Parco archeologico; altrettanto notevole è il Museo Diocesano, che raccoglie tesori come l’Annunciazione del Beato Angelico.

settima tappa    Da Cortona a Pozzuolo

Si lascia la piazza centrale di Cortona e si scende ai piedi della collina dove troveremo la Pieve di San Michele Arcangelo, originariamente chiesa ariana, fu ricostruita nel XII secolo. In questo ultimo tratto in Toscana, la Via Romea Germanica passa a breve distanza del Lago Trasimeno, entra in Umbria attraversando grandi spazi aperti e raggiunge il borgo medievale di Pozzuolo, a circa 8 km da Castiglion del Lago.

07

bibliografia

  • La Via Francigena. Una strada europea nell’Italia del Medioevo (Stopani – Le Lettere Editore);

  • La via Francigena. Storia di una strada medievale (Stopani – Le lettere Editore);

  • La Via Francigena e le altre strade della Toscana medievale (Chellini/Conti/ Uggeri – All’Insegna del Giglio Editore);

  • La Via Teutonica. L’alternativa germanica alla Via Francigena (Stopani – Le Lettere Editore);

  • La strada romea (Quintavalle – Silvana Editoriale d’Arte);

  • Le vie di pellegrinaggio del Medioevo. Gli itinerari per Roma, Gerusalemme, Compostella. Con un’antologia di fonti itinerarie (Stopani – Le Lettere);

  • La Via Francigena del sud. L’Appia Traiana nel Medioevo (Stopani – Le Lettere)

  • Dalla Parma-Luni alla Via Francigena. Storia di una strada,  (Dall’Aglio – Sala Baganza);

  • Le vie del Medioevo. Pellegrini, mercanti, monaci e guerrieri da Canterbury a Gerusalemme (Regione Piemonte, Torino);

  • Sacrum Iter – Pellegrinaggio sulla Via Francigena, (Ligas/Crepaldi – ARS EUROPA)

  • La via Francigena e altre strade della Toscana medievale (Uggeri – All’insegna del Giglio);

  • Le soste dei pellegrini lungo la via Francigena. Toscana e Lazio. La quotidianità della fede, la straordinarietà del viaggio,  (Stopani -Associazione Civita);

  • De strata Francigena. Studi e ricerche sulle vie di pellegrinaggio del Medioevo – periodico semestrale (Centro Studi Romei);

  • La Via Francigena. Il guado del Po tra IV e XIV secolo (Battini – ediz. Banca di Piacenza).

  • Annalis Stadentis. Alber de Stade (1236)

  • Sigeric da Canterbury - scritti (985)

02

vie Romee

Vari i tragitti, ciascuno con un suo nome

​

La Via Romea Nonantolana   

Nell'VIII secolo i longobardi fecero costruire una via di comunicazione da nord a sud nella retrovia del confine con l'impero Bizantino. Dopo aver fondato un monastero benedettino a Fanano e la potente abbazia di Nonantola nel modenese (nell'alto medioevo una delle più importanti d'Europa), l'asse del fiume Panaro divenne quindi un'importante via di comunicazione per Roma. Riscoperta negli ultimi anni del XX secolo, attraversa l'Appennino da San Marcello Pistoiese prima di biforcarsi, verso Pistoia o seguendo il Serchio, verso Lucca, entrambe in comune con la via francigena.

​

La via romea della Sambuca

si dirama dalla via Emilia verso il castello della Sambuca, lo spedale di Pratum Episcopi (odierna Spedaletto). Superato il passo appenninico della Collina, giunge a Pistoia e poi a Lucca.

​

Via Romea Germanica o dell’Alpe di Serra o Via Teutonica o Via di Alemagna o Via Romea di Stade o Via Ongaresca

I pellegrini germanici e gli ‘ongari’ (nome con cui si raggruppavano tutti i popoli dell’Europa orientale), superavano le Alpi dai valici austriaci o sloveni, scendevano attraverso il veneto e la romagna, traversando l’appennino come già visto da Bologna, o da Forlì o attraverso la Flamina.

04

Alimentazione del Pellegrino

E’ difficile immaginarsi cosa mangiassero i pellegrini nel Medioevo, al tempo in cui, per esempio, non esisteva il pomodoro. Anche i gusti e le preferenze di questi pellegrini dovevano essere molto eterogenei: non esistevano mezzi di comunicazione che globalizzavano concetti come “pasta al dente”, in tempi in cui anche il concetto di Nazione era sconosciuto ai più: e se i contadini della pianura padana non sapevano nemmeno cosa fosse la pizza, in puglia non avevano certo l’abitudine di grattare parmigiano su pasta o minestre.

Il cibo dei pellegrini lungo il cammino doveva essere facilmente conservabile e strettamente legato alla stagionalità. Quando si fermavano per rifocillarsi chiedevano ospitalità o alloggiavano presso le locande, ove si sfamavano in base alle disponibilità economiche. Il cibo che si serviva era molto salato, sia per essere meglio conservato, sia per indurre molta sete nei viandanti, così che l’oste potesse vendere una maggiore quantità di vino. All’osteria come per il viaggio, i pellegrini preferivano dissetarsi proprio con il vino: l’acqua poteva essere inquinata e dannosa per la salute mentre il vino, anche se di cattiva qualità, garantiva una certa asetticità. La tipica alimentazione del pellegrino era a base di zuppe come ad esempio: la paniccia a base di cereali e legumi, il macco, una vellutata fatta con legumi secchi, ma anche salumi e formaggi. L’alimento più consumato era il pane, soprattutto la sua variante nera, fatto con grano tenero, segale, orzo, crusca di frumento, farina di fave e di castagne.

La prima testimonianza scritta di una ricetta per pellegrini risale al XV secolo quando un cuoco di origine tedesca, Giovanni Bockenheym, scriveva nel suo ricettario: Prendi le fave, lavale bene in acqua calda e lasciale così tutta una notte. Poi falle bollire in acqua fresca, tritale bene e aggiungi vino bianco. Condisci con cipolla, olio di oliva o burro, e un po’ di zafferano” – questo piatto – “sarà buono per i chierici vaganti e per i pellegrini. Un altro alimento diffuso soprattutto quando il pellegrino veniva ospitato nelle case private era il Pulmentum. Questa specie di minestrone era fatto con verdure di stagione, cereali, legumi e condito con un po’ di lardo a pezzetti.

(chi invece desiderasse conoscere i piatti tipici dell'aretino veda 'Alimenti e Piatti dell'aretino' )

05

La via 'Ongara' oggi

Oggi è possibile tornare a percorrerla, dalla Germania all’Italia, passando per l’Austria. Come ogni grande cammino che si rispetti, anche nel caso della Via Romea Germanica è possibile ottenere un attestato che certifichi il percorso compiuto dal pellegrino.

Si chiama Testimonium e per ottenerlo è necessario presentare la Credenziale completa dei dati e dei timbri che attestino il passaggio lungo il percorso della Via Romea Germanica.

Oggi l’antica strada dei pellegrini “Via Romea germanica” ha ricevuto dal Consiglio d’Europa la certificazione di “Itinerario culturale europeo”. La “Via Romea germanica” è il quinto itinerario di pellegrinaggio europeo riconosciuto oltre al “Cammino di Santiago de Compostela”, alla “Via di San Martino”, alla “Via Francigena” e al “Cammino di SantOlav”, in Svezia e Norvegia. La rinascita dell’antico percorso di pellegrinaggio, è espressione del desiderio di costruire un ponte in Europa oltre i confini statali.

​

1 Brennero âž” Vipiteno 16,5 | 2 Vipiteno âž” Bressanone 32,7 | 3 Bressanone âž” Chiusa 15 | 4 Chiusa âž” Collalbo 20,5 | 5 Collalbo âž” Bolzano 16 | 6 Bolzano âž” Termeno 26,1 | 7 Termeno âž” Salorno 17,8 | 8 Salorno âž” Trento 29,5 | 9 Trento âž” Levico Terme 21,5 | 10 Levico Terme âž” Borgo Valsugana 14,7 | 11 Borgo âž” Cismon del Grappa 32 | 12 Cismon âž” Bassano del Grappa 23,2 | 13 Bassano del Grappa âž” Piazzola sul Brenta 33 | 14 Piazzola sul Brenta âž” Padova 26 | 15 Padova âž” Monselice 21 | 16 Monselice âž” Rovigo 34,7 | 17 Rovigo âž” Polesella 20,2 | 18 Polesella âž” Ferrara 22,5 | 19 Ferrara âž” Traghetto 29,9 | 20 Traghetto âž” Argenta 16,5 | 21 Argenta âž” Valli di Comacchio 28,2 | 22 Valli di Comacchio âž”Casalborsetti 18,2 | 23 Casalborsettiâž” Ravenna 21,5 | 24 Ravenna âž” Forlì 30,7 | 25 Forlì âž” Cusercoli 28,3 | 26 Cusercoli âž” Santa Sofia 20,5 | 27 Santa Sofia âž” Bagno di Romagna 24,3 | 28 Bagno di Romagna âž” Valle Santa 18,1 | 29 Valle Santa âž” Chitignano 20,4
28V Bagno di Romagna âž” La Verna 23,3 | 29V La Verna âž” Chitignano 10,8 | 30 Chitignano âž” Subbiano 18,3 | 31 Subbiano âž” Arezzo 19,4

32 Arezzo âž” Castiglion Fiorentino 24,8 | 33 Castiglion Fiorentino âž” Cortona 12,8 | 4 Cortona âž” Pozzuolo 24,5 | 35 Pozzuolo âž” Paciano 21
36 Paciano âž” Città della Pieve 15,6 | 37 Città della Pieve âž” Ficulle 21,7 | 38 Ficulle âž” Orvieto 24,8 | 39 Orvieto âž” Lubriano/Civita di Bagnoregio 19,5 | 40 Lubriano/Civita di Bagnoregio âž” Montefiascone 16,2 | 41 Montefiascone âž” Viterbo 18,3 | 42 Viterbo âž” Vetralla 16 | 43 Vetralla âž” Sutri 23,5 | 44 Sutri âž” Campagnano 24,5 | 45 Campagnano âž” La Storta 22,8 | 46 La Storta âž” Roma 19

​

Sapevate che anche nel medioevo i pellegrini che si recavano a Roma, ricevevano questo riconoscimento? A noi rimane come ricordo di tante emozioni vissute, ma in passato il Testimonium era un oggetto molto importante che accompagnava e proteggeva il ritorno dei fedeli dopo il loro viaggio di devozione.
Quello che oggi e’ un leggero foglio di pergamena stampato, nel medio evo era una placchetta rettangolare coniata in stagno o in piombo delle dimensioni di circa 36.60 x 30,20 millimetri sulla cui faccia erano rappresentate in rilievo le figure degli apostoli Pietro e Paolo.
I testimonium iniziarono a diffondersi gia’ dal XII sec. come segno sia di gratificazione ma anche di identificazione del pellegrino che rientrava a casa dopo il suo pellegrinaggio, proprio come gia’ avveniva con le capesante, le conchas, sul Cammino di Santiago.  
Ai pellegrini in possesso della piccola placca veniva garantita assistenza e ospitalita’ durante il loro cammino di rientro a casa.

bottom of page