top of page
a cura di Lions Club Arezzo Chimera

Arezzo Romana: terza città d'Italia in epoca Augustea

a cura di Roberto Cecchi

​Arezzo fu nel I° secolo d. C. la terza città d’Italia dopo Roma e Capua.

Al sorgere della potenza di Roma la nostra città, insieme alle consorelle etrusche, tentò di arginarne le tendenze espansionistiche, ma l'esercito messo insieme da Arezzo, Volterra e Perugia fu sconfitto a Roselle, presso Grosseto, nel 295 a.c.; e così nel III secolo a.c. Arezzo fu conquistata dai Romani che latinizzarono il suo nome etrusco Aritim in Arretium. L'arte etrusca e i suoi raffinati costumi vennero peraltro ampiamente riconosciuti e copiati dai romani, a cominciare dal vestiario, all'arredamento, alle suppellettili, alle armi e alle insegne di guerra. 

Arezzo si trovò poi a doversi difendere dai Galli Senoni (Romagna-Marche) che marciavano contro Roma. In suo soccorso giunse una robusta armata guidata dal console Lucio Metello, che trovò la morte in battaglia (assieme a 7 Ufficiali superiori e ben 13.000 soldati!) ma arrestò l'avanzata dei Galli verso Roma: Campoluci indica anche nel toponimo il tratto di piana vicino all'Arno in cui il console combatté e morì. Un anno dopo Roma batte i Galli Senoni e riconquista Arezzo,  oramai la più influente città di quell'Etruria ormai in declino, e vi stabilisce un presidio militare romano (da 2 a 4 legioni), divenendo per circa due secoli, grazie alla sua posizione strategica sulla via Cassia, il fulcro dell'espansione di Roma verso l'Italia settentrionale, assieme a Pisa sul Tirreno e Rimini sull'Adriatico. Nel 224 peraltro furono i Galli Gesati (dalla regione del Rodano) a sconfiggere nuovamente l'esercito romano, sempre nei pressi di Arezzo. Poi vi fu il passaggio di Annibale in Italia nel 217 a.c.. Il console Flaminio lo attendeva con le sue legioni presso Arezzo  ma Annibale girò alla larga , fingendo dirigersi a Roma e attirando Flaminio nell'imboscata del Trasimeno. Fin troppi i segnali per fare di Arezzo un baluardo militare della difesa romana.

Nel 205, all'esercito romano per l'ultimo attacco a Cartagine diretto da P. Cornelio Scipione, mentre Caere (Cerveteri) dette frumento e viveri, Populonia ferro, Tarquinia tele per le vele, Volterra grano, e Perugia, Chiusi e Roselle ancora  legname; Arezzo, da sola, fornì:  “tremila scudi, altrettanti elmi, giavellotti corti, aste lunghe, giavellotti tutti di ferro, in ugual numero per ciascuna specie fino a raggiungere la somma di 50.000; e scuri, zappe e falci, gabbioni e macine quante ne occorrevano per 40 navi da guerra; e 120.000 moggi di frumento e viveri per i decurioni e per la ciurma” (Tito Livio 28, 45).

Dopo la vittoria di Zama del 202 a. c. la romanizzazione delle colonie romane in Etruria accelerò, fino ad ottenere la cittadinanza romana. La prosperità economica di Arezzo aumentò, come si può osservare da San Cornelio-Castelsecco, imponente santuario extraurbano, forse del II sec. a.c., che ricevette più tardi un'imponente sistemazione scenografica con un sontuoso teatro-tempio, come usava nei santuari laziali.
Il territorio municipale aretino era vasto, forse più della nostra attuale provincia e uguale a quello dell'antica diocesi aretina che non è difficile ricostruire: dal Tevere all'Arbia e all'Ombrone, da Certignano nel Valdarno fino all'Orcia (anche se prudenza ci vuole nel marcare confini precisi). Arezzo si arricchì di grandi edifici pubblici, come il complesso delle terme e del teatro, posto nei pressi della Fortezza, e il Foro, che a quell'epoca secondo alcuni si poteva trovare tra la Porta Crucifera e piazza Vasari (per altri, almeno successivamente nella zona che ancora dopo sarebbe stata occupata dal Duomo e dall'attuale vescovado; vicino a quella porta sulle mura romane, all'inizio di Piaggia del Murello, più o meno dove ora è posizionato il monumento a Pietro Leopoldo Lorena, che proprio per essere vicina al Foro si chiamava 'Porta del Foro'. Mentre varie zone residenziali si estendevano in piazza Vasari, via Albergotti, via dei Pescioni, piazza Colcitrone, San Niccolò, via Cesalpino, e oltre.

Nel periodo repubblicano (I sec. a. C.), durante le guerre civili Arezzo si schiera, con Mario e Pompeo, subendo la punizione di Silla e Cesare, che ne fanno una colonia. Successivamente, riconquistato lo status di municipium, la città romana conosce in epoca augustea la prima, notevole espansione verso la pianura sul versante Sud della collina. Caio Cilnio Mecenate (68 ca.-8 a.C.), appartenente ad una potente famiglia di lucumoni etruschi aretini (vv anche: 'Mecenate ed i Cilni ad Arezzo'), divenuto ministro e consigliere dell'imperatore Ottaviano Augusto, si distinguerà per l’impupulso dato alla attività economica e la protezione alle arti ed agli artisti (motivo per cui ancor’oggi si parla di mecenatismo). In città si sviluppa l'industria della "terra sigillata": i vasi corallini prodotti dai vasai aretini si diffondono fino agli estremi confini dell'impero (India).

​

Fu quello Augusteo l’inizio del miglior periodo della storia romana: dopo i conflitti di espansione in Italia sotto i 7 Re di Roma, dopo le Guerre puniche e poi le Guerre civili dell’epoca repubblicana e dell’era di Cesare, risolti i problemi con i Cesaricidi e con Marco Antonio, inizia un’epoca di relativa pace (continuano i conflitti espansionistici ai confini) e di una buona riorganizzazione dello stato. Lungi dal voler entrare nel confronto tra una organizzazione statale retta da un solo uomo o una organizzazione statale democratica (ancora si discuteva se restaurare la Repubblica o andare verso l’Impero), e senza nascondere le criticità correlate ad una impronta autoritaria e talora crudele dell'esercizio del potere, quello che è certo e che ci interessa documentare in questa sede, è che sotto Augusto viene riorganizzato il fisco in maniera più equa, sotto la responsabilità dello stato (i Procurator) e non più in gestione a privati come era prima; si fissano dei canoni per le spese individuali infrasettimanali e nei giorni di festa; l’esercito inizia a rispondere allo Stato e non al proprio generale: la potenza romana dipende da una organizzazione militare ineccepibile, non più dal valore del singolo combattente; così si può anche perdere una battaglia ma mai la guerra. I servizi postali tornarono a funzionare molto bene; gli acquedotti portavano acqua oltre il fabbisogno, fino agli ultimi piani di palazzi con appartamenti popolari (insulae); gli stabilimenti termali aprivano a tutta la popolazione; le merci venivano scambiate, in abbondanza, con i 4 angoli dell’impero; ognuno poteva trovare da mangiare ciò che voleva e cui era culturalmente abituato; ciascuno poteva professare la propria fede; si trovava da leggere di tutto, c’era olio dalla Spagna, vino dalla Gallia, grano dal Nord Africa, spezie dall’Egitto, lana dalle regioni dell’odierna Turchia, legno di cedro dal Libano… e con le merci viaggiavano culture, idee, fedi. si istituì la prima ZTL (aperta al trasporto di merci solo di notte) e la prima area pedonale; la manutenzione della rete viaria era perfetta; venne incentivata la crescita demografica, favorita una moralizzazione della popolazione; furono allontanati vagabondi, astrologi, indovini, ma non i medici e gli insegnanti.

Di tale efficiente organizzazione si avvantaggiò anche Arezzo, con il commercio del proprio vasellame e dei frutti del lavoro dei metalli. Città popolosa per lo stanziamento di militari in pensione dai tempi di Silla poi di Cesare, poi di Augusto e per la presenza di 2-3-4 legioni, proprio quale importante incrocio viario nord-sud ed est-ovest.

Arezzo continuò ad espandersi fino alle pendici delle colline di San Pietro e San Donato (aree precedentemente occupate da sepolcreti ed officine) ed ebbe come limite estremo le vie Crispi e Guadagnoli, dove furono eretti, nel II sec. d.c., un ninfeo e l'anfiteatro. Arezzo era una città imponente e dall'economia ricca e vitale. L'anfiteatro, capace di contenere fino a 10.000 spettatori (per una città con una popolazione da taluno stimata, compresi i contingenti militari, che poteva avvicinarsi alle 100.000 persone); con un’arena di grandi dimensioni (71,9 x 42,7 metri), solo di poco inferiore a quella del Colosseo (77 x 46,5 metri). Il suo asse maggiore misura m. 121 e il minore 68. Purtroppo nei secoli fu ripetutamente rimaneggiato ed utilizzato come cava di pietre, marmi e laterizi per la costruzione della chiesa e del convento di San Bernardo nel XVI sec. (oggi sede del Museo Archeologico) e per innalzare le mura medicee e ampliare il Seminario alla fine del Settecento.
Sappiamo che il Consiglio comunale era composto da un centinaio di Decuriones o consiglieri, detti anche senatores, centumviri, eletti tra i cittadini più ragguardevoli per censo ed onori e decidevano su tutti gli affari del Comune, a maggioranza semplice.
Supremi magistrati del municipio erano i Duoviri iuredicundo: rinnovati ogni anno. Esercitavano il potere esecutivo ed in parte anche quello giudiziario, civile e penale. Gli altri due magistrati, inferiori ai Duoviri, erano gli Aediles (= duoviri aedilicìa potestate) che si occupavano delle vie, degli edifici sacri e pubblici, della politica annonaria, dei mercati, delle terme.

Nell'alto Medioevo il crollo del mondo romano, le scorrerie barbariche, il lungo periodo della dominazione longobarda e carolingia vedono la città, ridottisi gli abitanti e le attività, ritirarsi sulla collina. Dal disfacimento dell'ordinamento pubblico dei secoli X ed XI emerge progressivamente la figura del vescovo-conte, che vive nel castello fortificato di Pionta (Duomo Vecchio) dirimpetto alla città e che comincia a fregiarsi – primo esempio in Italia – del titolo comitale a partire dal 1059.

bottom of page