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a cura di Lions Club Arezzo Chimera

Giostra del Saracino

è la grande rievocazione storica della città di Arezzo: un torneo cavalleresco che si corre in Piazza Grande due volte all’anno: il penultimo sabato di giugno, negli ultimi anni in versione notturna e la prima domenica di settembre in edizione diurna; rappresenta una parte non irrilevante dell’identità aretina.

Di torneamenti e giostre visti in terra di Arezzo parla espressamente Dante Alighieri, all'inizio del XXII canto dell'Inferno, in alcune celebri terzine: rammento che è il canto dell'inganno e, con una interpretazione personale e forse maliziosa, Dante pare schernirvi gli aretini per il divario tra la loro fama di giostratori ed il comportamento a Campaldino:

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(Dante Alighieri, La Divina Commedia - Inferno, Canto XXII, 1-9)

«Io vidi già cavalier muover campo,

e cominciar stormo a far lor mostra,

e tal volta partir per loro scampo;

corridor vidi per la terra vostra,

o Aretini, e vidi gir gualdane,

fedir torneamenti e correr giostra;

quando con trombe, e quando con campane,

con tamburi e con cenni di castella,

e con cose nostrali e con istrane;»

Ho visto con i miei occhi cavalieri attaccare,

in gruppo serrato e rumoroso [1]

ma ho visto anche cavalieri scappare per mettersi in salvo [2];

 aretini io da voi ho visto cavalieri correre

per fare incursioni devastatrici

o per giocare (tornei, giostre);

correre al suono delle trombe come al suono delle campane

al suono dei tamburi sul campo o dietro avvisi dal castello [3]

ho visto cavalieri comportarsi comprensibilmente ma anche chi si muoveva in maniera quantomeno singolare

E' comunque di tutta evidenza che Dante Alighieri, nella sua  non piccola esperienza –ché ebbe a girare mezza Italia – deve essere rimasto colpito dalle consuetudini giostresche aretine.

[1] Dante parla del gruppo di paladini aretini che attaccarono con ardimento per primi sorprendendo l'esercito fiorentino

[2] Guido Novello Guidi fugge con tutta la cavalleria di riserva aretina: perché vide la battaglia già persa dopo il contrattacco di Corso Donati o al richiamo prestabilito dal Castello? in ogni modo con comportamento vigliacco

[3] Dante ha visto armati combattere in campo, guidati dagli squilli di tromba, accompagnati dal rullo dei tamburi, traditori che rispondevano ai richiami dal castello, popolani a difendersi sulle mura cittadine al suono delle campane

Perché nel Medioevo e poi nel Rinascimento Giostre, Tornei, Quintane erano parte della vita sociale dei nobili e del popolo. In un contesto poi come quello Toscano, in cui si scontravano abitualmente guelfi e ghibellini, campanile contro campanile, consorteria contro consorteria, una famiglia contro l’altra, l’esercizio militare era la quotidianità. Lo stesso Cosimo I dei Medici era figlio di un capitano di ventura: Giovanni dalle Bande Nere.

La Chiesa non vedeva sempre di buon occhio tali pratiche militaresche, in realtà più a parole che nei fatti; e poi ad Arezzo il Vescovo era anche il capo politico della città, ed era Ghibellino! Per non dire che in quell’epoca il Saraceno come ben sappiamo era il nemico sia dei politici che della chiesa. Arezzo era arcinota per la sua fierezza guerriera ed era quindi il teatro più naturale di tali manifestazioni. L’esercizio militare nel Medioevo era, come abbiamo visto, soprattutto a cavallo, a differenza di quanto avveniva nell’esercito Romano, almeno dell'epoca Repubblicana e primo impero; quando i Longobardi scesero in Italia (e ad Arezzo) trovarono un popolo romano che, al di fuori dei ranghi dell’esercito, era appiedato e non armato, mentre loro si muovevano e combattevano a cavallo, ed erano tutti armati. Se tra i romanile contese si giudicavano in tribunale, i longobardi erano abituati a risolverle in maniera diretta, spesso manesca, talora violenta, nella migliore delle ipotesi, con un duello o un’ordalia (un duello in cui Dio è giudice unico). Arezzo assorbì molto dal sistema sociale longobardo, diventando, tra l’altro, uno dei centri di costruzione delle migliori armature di tutta Italia. Ed a tale periodo si rifà la nascita delle nostre Giostre, così famose da affascinare evidentemente anche Dante Alighieri.

Risale al 1260 la più antica testimonianza di un torneo cavalleresco in Piazza Grande, indetto a celebrazione dell'investitura a cavaliere dell'ordine dello Speron d'oro di Ildebrandino Giratasca.

Successivamente, abbiamo documentazione di numerose occasioni di tornei giostreschi con le lance, svoltesi per celebrare occasioni, eventi od ospiti particolari: il buon esito di una missione diplomatica dal Papa ad Avignone nel 1331, i festeggiamenti del Santo Patrono, in onore della visita di uno dei Medici alla città, ma anche in onore di Napoleone Bonaparte o di una ricorrenza per Francesco Petrarca. Si ha anche notizia che non sempre tali festeggiamenti siano stati ben accolti dal destinatario: Cosimo I dei Medici, giunto in Arezzo per far ‘pagare pegno’ alla città di pregresse turbolenze antifiorentine, decise di non presenziare alla giostra ed ai festeggiamenti che il Comune aveva preparato in suo onore.

Se il Rinascimento è l'epoca della vera consacrazione di tali spettacoli, esiste un continuum di torneamenti in città, seppur non sempre nel medesimo luogo e seppur non sempre con le medesime regole: nei primi secoli spesso i tornei mettevano l’uno contro l’altro due cavalieri, come oggi si è abituati a vedere in molti film ambientati in quell’epoca (rende bene l’idea, uno tra tutti: “Il Destino di un Cavaliere”, del 2001 diretto da Brian Helgeland con Heath Ledger e Paul Bettany)

Dalle edizioni documentate nel 1260 e 1331, altre si tennero di certo nel 1491, 14921535; nel 1605 addirittura gli aretini organizzeranno una Giostra ‘in trasferta’ a Pisa; e poi ancora almeno una trentina di edizioni (ma probabilmente molti di più) tra il XVI° e l’inizio del XX Sec.

1331

1677

Quindi la riesumazione storica effettuata nel 1931, di una Giostra “ad Burattum”, 600 anni esatti dopo quella voluta da Guido Tarlati in onore del di solito ostile Papa avignonese, non fu la reinvenzione di qualcosa oramai antico, sopito tra le ceneri del tempo se non addirittura dimentica, bensì la riorganizzazione con periodicità sempre migliore di una tradizione cittadina che provenendo dal medioevo non si era mai spenta. Anzi quella prima edizione dell'era moderna del 7 agosto 1931, secondo l'aneddotica, fu riproposta in seguito al ritrovamento nel 1930 dei capitoli della Giostra corsa nel 1677 in onore del Barone Siri in occasione della festa di San Niccolò: tale documento, quì accanto riportato, elenca una serie di norme che rappresentano il nocciolo dell’attuale regolamento tecnico. Ci incappò involontariamente un giornalista del giornale «La Nazione», Alfredo Bennati, alla ricerca nella biblioteca civica, figuratevi, della ricetta di un dolce. Si dice anche che di lì a poco lo stesso Bennati, notò in Pescaiola un gruppo di ragazzini che impugnavano manici di scopa come lance e correvano imitando il galoppo del cavallo a colpire una figura disegnata con il carbone su un muro: «Che fate?» chiese. «Si gioca al buratto» gli risposero. Si rese così conto che quel torneo cavalleresco di cui aveva letto in biblioteca non era un semplice ricordo del passato, ma era una tradizione ancora viva nella cultura popolare.

Da allora la Giostra del Saracino ha caratterizzato l’identità aretina 

Va ricordato che nel XIV° Sec esistevano anche ad Arezzo altre gare basate sulla corsa di cavalli: un ‘Palio di San Donato’ a destrieri sciolti (senza cavaliere) prendeva il via tutti gli anni, il 7 di agosto, giorno della festa del patrono della città in fondo a Via Romana, poco prima dell’Olmo, in località che prese appunto il nome ‘La Mossa’: da lì i cavalli percorrevano la lunghissima dirittura che, attraversando la città lungo l’attuale Corso, portava davanti alla Pieve. I destrieri, rivestiti di apposite bardature munite di aculei e incitati dalla partecipazione dei cittadini erano spinti ad una corsa forsennata.Tutte le viae di fuga laterali erano chiuse con assi di legno.Davanti alla Pieve di Santa Maria, dove la strada terminava per lo sbarramento costituito dalla Fontedel Canale (oggi addossata al palazzo Burali, dalla parte opposta della Pieve) posta trasversalmente,i destrieri venivano fermati e veniva consegnato al proprietario del vincitore un pregevole stendardo color cremisi detto Bravìo. Nel 1480, lo stesso Lorenzo  de’Medici, inviò come partecipante alla gara, un suo destriero.

Anche allora la gara offriva l’occasione per scontri e risse  fra le oppostetifoserie; ed anche allora alla vera e propria rivalità sportiva, si potevano sommare risentimenti e rancori differenti: nel 1865, unaviolentissima rissa scoppiata durante la gara, tra i sostenitori dei monarchici appartenenti al quartiere di Colcitrone e quelli dei repubblicani  abitanti in S. Lorentino, portò all’abolizione definitiva della corsa. (Angelo Tafi, Immagini di Arezzo, La città oltre le mura medicee e il territorio comunale)

Tornando alla Giostra del Saracino abbiamo detto come la partecipazione sia legata a 4 Quartieri; ma non è sempre stato tutto così lineare. Se dagli Statuti del 1327 apprendiamo che in quell'anno Arezzo era suddivisa in quarti, il nome derivava dalle maggiori porte della cinta muraria: quartiere di Porta Crucifera, quartiere di Porta Sant'Andrea, quartiere di Porta del Foro e quartiere di Porta Burgi (ché seppur la cinta muraria tarlatesca fosse molto estesa, la città in realtà non arrivava poi così a sud da comprendere i territori che in era moderna sono rappresentati da Porta Santo Spirito). La suddivisione amministrativa in Quarti interessava allora la vita politica, giudiziaria, civile e anche religiosa e si estendeva anche oltre le mura cittadine, arrivando al limes dello Stato di Arezzo.

Nel 1931 invece Il popolo cittadino venne suddiviso, in quella prima edizione, in cinque zone, detti rioni, come vedremo con competenze territoriali e colori ben diversi da quelli che oggi conosciamo: Porta Crocifera (colori bianco e verde), Porta Fori (giallo e cremisi), Porta Santo Spirito (azzurro e oro),  Saione (bianco, rosso e verde) e Porta Burgi (verde, rosso e oro). Quest'ultimo rione , che come vedremo giocò quell’unica Giostra, per la cronaca vinse. Quella suddivisione rappresentava le realtà territoriali allora contemporanee, che sommavano quindi a realtà storiche anche le circoscrizioni moderne. Considerato tutto ciò un anacronismo rispetto all'ambientazione medievale, si determinò nell’inverno immediatamente seguente, tra 1931 e il 1932, di attenersi per il futuro alla suddivisione territoriale storicamente più congrua della città in Quarti. Porta Crocifera e Porta Fori mutarono i propri nomi in quelli attuali di quartiere di Porta Crucifera e quartiere di Porta del Foro. Il rione di Saione fu inglobato da Porta Santo Spirito, mentre la zona assegnata l'anno prima a Porta Burgi venne in gran parte assorbita da Porta Crucifera, con unione anche degli emblemi, invertendo il bipartito (rosso e verde, non verde e rosso) e aggiungendo i tre monti all'italiana sormontati dalla croce sul lato sinistro e spostando l'immagine della Pieve affiancata da due torri sul lato destro. Non fu un’operazione semplice: Porta Burgi tentò di opporsi e non mancarono aspre polemiche. Ma alla fine il quartiere del centro fu costretto ad accettare la situazione. Ed il rettore Michele Bertelli entrò nel Consiglio di Porta Crucifera.

Il Quartiere di Porta Crucifera a sua volta cedette lo stemma bianco-verde usato nel 1931 e parte del suo territorio alla ripristinato quartiere di Porta Sant'Andrea. L'unica dissonanza rispetto al Medioevo venne mantenuta dal quartiere di Porta Santo Spirito, che non ha mai sostituito la propria denominazione di età più tarda in quella originaria di quartiere di Porta Burgi, anche per dare risalto alla espansione ormai importante della città nella zona di Saione, assente nel Medioevo.

i Musici della Giostra del Saracino: Ingresso in Piazza (edizione Giugno 2016, da www.portacrucifera.it)
ed esibizione in Pieve ('Arezzo in Musica', Lions Club Arezzo Host, 2014)

Il Corteo Storico

Il corteo che oggi anticipa la Giostra vede sfilare anche gli emblemi e i cavalieri di alcune delle principali famiglie nobili della città e del contado che nei territori abbinati ai quartieri possedevano la dimora o avevano avuto feudi e consorterie, quindi peso politico e militare al tempo del libero Comune.

  • Il quartiere di Porta Crucifera porta in piazza le casate di città dei Bacci, dei Bostoli, dei Brandaglia e dei Pescioni, per quanto riguarda il contado i nobili della Faggiuola e i Conti di Montedoglio.

  • Il quartiere di Porta Sant'Andrea le famiglie cittadine dei Conti di Bivignano, i Guillichini, i Lambardi da Mammi e i Testi e i consortati nobiliari dei Barbolani Conti di Montauto e dei Marchesi Bourbon del Monte Santa Maria.

  • A Porta del Foro i Grinti di Catenaia, i Sassoli, i Tarlati di Pietramala, gli Ubertini e le consorterie dei Conti Guidi di Romena e dei Cattani della Chiassa.

  • A Porta Santo Spirito, infine, le casate urbane degli Albergotti, degli Azzi, dei Camaiani e dei Guasconi e quelle del contado dei Pazzi del Valdarno e dei Tolomei del Calcione.

La Giostra odierna è preceduta dall'esibizione degli Sbandieratori e accompagnata dal rullo dei tamburi e dal suono delle chiarine del Gruppo Musici della Giostra del Saracino, indi seguita dall'entrata in Piazza di tutto il corteggio storico della Giostra. Oltre trecento figuranti (311 per la precisione) negli splendidi costumi d'epoca fanno il loro ingresso in Piazza Grande, accompagnati dal calore e dagli applausi dei quartieristi stipati nelle tribune e ai lati della Piazza.

Il primo ad entrare è l'Araldo, poi la Magistratura della Giostra, la Giuria, il Cancelliere, i Famigli del Buratto, i Valletti (che portano la Lancia d'oro, trofeo della Giostra), i Fanti del Comune e il Maestro di Campo (massima autorità sul campo) affiancato dal proprio vice. È quindi la volta del Gruppo Musici (33 chiarine, 11 tamburi, 1 portalabaro e 2 lucchi) e degli sbandieratori, che impugnano le bandiere dei 39 comuni della Provincia di Arezzo. Questi realizzano un'esibizione, in ogni edizione ispirata ad un diverso tema, dalla pregevolissima fattura e con acrobazie di rara maestria.

A questo punto entrano i figuranti dei quattro quartieri

È quindi il turno dei Musici che intonano l'Inno della Giostra del Saracino (divenuto ormai un vero e proprio inno della città di Arezzo), cantato da tutta la Piazza. Al termine l'Araldo legge alla Piazza la "Disfida di Buratto", una sorta di dichiarazione di guerra del Re delle Indie ai cavalieri aretini.

Le carriere

Lo svolgimento delle carriere della Giostra del Saracino è disciplinata dal relativo "Regolamento tecnico".

Al segnale dato dal Maestro di Campo, il cavaliere cavalca lungo la lizza (la striscia di terra battuta che percorre in obliquo Piazza Grande) e si lancia contro il Buratto, un fantoccio metallico, caricato a molla e dotato, nella mano sinistra, di uno scudo e, nella destra, di un mazzafrusto a tre corde, ciascuna culminante con una palla di legno, rivestita di cuoio, dal peso di 250 grammi.

Il cartellone

applicato allo scudo del Buratto è di forma rettangolare e diviso in settori, a ciascuno dei quali corrisponde un punteggio.

Lo scopo è naturalmente quello di colpire realizzando il punteggio più alto.

Il mazzafrusto

Il colpo deve essere assestato con rapidità e secondo una traiettoria non troppo stretta, poiché nel Buratto è presente una molla che scatta al momento dell'impatto tra la lancia e lo scudo, facendolo ruotare su sé stesso in senso antiorario: se il cavaliere è lento o affronta il Buratto con una traiettoria troppo interna, rischia di venir colpito dal mazzafrusto appositamente ricoperte di polvere nera per lasciare un segno visibile sul giostratore colpito: l'eventuale impatto sulla schiena del giostratore sarà facilmente ravvisabile dalla Giuria e comporterà una penalità.

Il giostratore deve sostenere l'urto con il Buratto e finire la carriera con la lancia ben salda in mano: nel caso in cui questa cada in terra, il cavaliere perde tutti i punti marcati. D'altra parte, se l'impatto è così forte da spezzare la lancia, il giostratore ottiene il doppio dei punti conseguiti sul tabellone.

Esistono varie altre regole che qui tralasceremo, ivi compresi i possibili spareggi necessari per decretare il Quartiere vincitore la Lancia d’Oro.

Ciò che rileva è che le regole del torneo contenute in un “regolamento tecnico” che ripropone, quasi inalterati, i Capitoli per la Giostra di Buratto risalenti al 1677, sono tali da garantire una prolungata suspence. L’esito dello scontro fra i cavalieri cristiani e l’infedele resta incerto fino all’ultimo momento a causa di frequenti colpi di scena.

LANCE D'ORO al 2023:

39                         27                         38                         39

Fumetti

La Giostra del Saracino è stata al centro di una storia a fumetti della Disney: si tratta di Zio Paperone e la Giostra del Saracino, pubblicata sul numero 1606 di Topolino.

Videogiochi

Il 15 giugno 2010 viene distribuito un videogioco gratuito dedicato alla Giostra del Saracino realizzato in collaborazione con il Comune di Arezzo e l'Istituzione Giostra del Saracino. Realizzato con tecnologia Unity3D e giocabile direttamente dal web browser tramite il sito dedicato, il videogioco permette di calarsi nei panni del giostratore di uno dei quattro quartieri e correre una fedele rappresentazione del torneo, inclusa la lettura del punteggio alla piazza con la voce originale dell'Araldo storico della manifestazione, Gianfrancesco Chiericoni.

Previsto un apposito albo d'oro virtuale.

Dopo vari aggiornamenti oggi è possibile giocare dal proprio smarphone Android eiOS. Il gioco mostra una fedele ricostruzione di Piazza Grande con precisi calcoli delle misure; anche la posizione del sole ricalca perfettamente l'inclinazione della luce che si ha nella piazza all'ora della Giostra nel mese di settembre.

Tutti i modelli di Giostratori, Cavalli, figuranti sono stati studiati, così come i cicli di animazione della corsa e del movimento del Giostratore in prossimità del buratto, per risultare estremamente veritieri.

Bibliografia

  • "Il sempre innocente", "Feste celebrate in Arezzo l'anno MDCLXXVII dall'Accademia degli Oscuri e suo principe per la solennità di S. Niccolò loro protettore, in Arezzo, all'Insegna del Sole", 1678;

  • Barna Occhini, "La Giostra del Saracino ad Arezzo", in "Atti e memorie della R. Accademia Petrarca di lettere, arti e scienze", Arezzo, 1932;

  • Cesare Verani, "La Giostra del Saracino in Arezzo", Lares, Arezzo, 1933;

  • Alberto Cavaliere, Ugo de Vargas y Machuca (illustratore), Città di Arezzo: La Giostra del Saracino, 1936

  • Carlo Dissennati, "Le Mille Lance del Saracino", Tip. D. Badiali, Arezzo, 1966;

  • Comitato per la Giostra del Saracino, Comune di Arezzo, "Giostra del Saracino: proposta per i nuovi costumi. Studio storico iconografico dell'Istituto statale d'arte di Arezzo", Arezzo, 1983;

  • Enzo Piccoletti, "Storia della Giostra del Saracino (tra leggenda e realtà)", Tipografie Riunite, Arezzo, 1986;

  • Luca Berti, "Considerazioni sulla Giostra del Saracino e la storia di Arezzo", Comune di Arezzo - Commissione per la verifica della coerenza storica di alcuni aspetti della Giostra del Saracino, Arezzo, 1987;

  • Enzo Piccoletti, "La Giostra del 1904 in onore di Francesco Petrarca", Poligrafico Aretino, Arezzo, 1990;

  • Stefano Cavazza, "Pier Lodovico Occhini e la Giostra del Saracino", in "Atti e memorie dell'Accademia Petrarca di lettere, arti e scienze", Arezzo, 1993;

  • Luca Berti, "Giostra del Saracino e ceti dirigenti aretini fra Medio Evo ed età contemporanea", in "Atti e memorie dell'Accademia Petrarca di lettere, arti e scienze", Arezzo, 1994;

  • Luca Berti, "La vittoria conseguita nel 1931 dal rione di Porta Burgi nella lunga vicenda della Giostra del Saracino", Ares, Arezzo;

  • Piero Vannuccini - Luca Della Nesta, "Arezzo una città, una storia: la Giostra del Saracino/Arezzo a city, a history: the SaracenJoust", Dimensione Communications, Arezzo, 1997;

  • Carlo Fardelli, "1966 - 2004 Giostra del Saracino", Arti Grafiche Cianferoni, Arezzo, 2004.

  • Roberto Parnetti, "E vidi correr giostra - Arezzo e la Giostra del Saracino" edito da Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti - Gruppo Genesi Editoriale Città di Castello (2005);

  • Roberto Parnetti, "Almanacco Giostresco 2006 - Giostre e tornei disputati dai cavalieri aretini", Letizia Editore, Arezzo, 2006;

  • Roberto Parnetti, "Saluti dalla Giostra - La Giostra del Saracino nelle cartoline ed annulli filatelici dal 1931", E.G.V. (Edizioni Giorgio Vasari) - Tipografia La Zecca (Levane - Arezzo), 2011;

  • Saverio Crestini, "Arezzo 1931 - La Rinascita del Saracino", E. G. V. (Edizioni Giorgio Vasari), Arezzo, 2013;

  • Roberto Parnetti, "Almanacco della Prova Generale della Giostra del Saracino", Settore8 Editoria - Tipografia La Zecca (Levane - Arezzo), 2016;

  • Roberto Parnetti, "Tripolino Fantino Gentiluomo", Letizia Editore, Arezzo, 2018, ISBN 9788895520445;

  • Roberto Parnetti, "1931 - 2021 Novant'anni di Giostra del Saracino", Letizia Editore, Arezzo, 2021, ISBN 9788895520568;

  • Roberto Parnetti, "Donatino l'Ardito: la storia del giostratore dei record Donato Gallorini tra la lizza di Piazza Grande ed il Tufo di Piazza del Campo", Selecta Editrice, Cerbara di Città di Castello (PG), 2023, ISBN 9788894780000;

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