top of page
a cura di Lions Club Arezzo Chimera

La Notazione Musicale

a cura di Roberto Cecchi

L’uomo canta e suona pressoché da sempre. Ma come poter tramandare una melodia, una musica? La notazione musicale significa poter scrivere e tramandare la musica, nell'unico linguaggio universale che il mondo conosce (assieme alla matematica)

180px-Guido_Aretino.jpg

Statua di Guido Monaco nel Piazzale degli Uffizi, di Lorenzo Nencini

Le prime forme di notazione musicale possono essere rintracciate in una tavoletta incisa dai Sumeri con la scrittura cuneiforme presso Nippur, oggi in Iraq, attorno al 2000 a.C. La tavoletta rappresenta delle frammentarie istruzioni per l'esecuzione di una musica, e indica che la composizione è costruita sugli intervalli di terza e usando una scala detta diatonica. Una tavoletta del 1250 a.C. circa mostra una forma di notazione più sviluppata. Nonostante l'interpretazione di tale secondo sistema sia ancora oggetto di dibattito, è chiaro che la scrittura indica i nomi delle corde su una lira, l'accordatura delle quali è esplicitata in altre tavolette. Per quanto incomplete e frammentate, questo gruppo di tavolette porta il primo esempio in assoluto di melodie scritte nella storia del genere umano

La notazione musicale moderna si deve a Guido d'Arezzo, monaco benedettino vissuto tra il X e l'XI secolo, (circa 992 - dopo il 1033), che trovò una formula mnemonica atta a rammentare il preciso modo di intonare le note di una serie di sei suoni detto esacordo. Egli attribuì a ogni nota una sillaba corrispondente alle prime due lettere di ogni verso dell'inno gregoriano a San Giovanni Battista di Paolo Diacono:

Ut queant laxis, Resonare fibris, Mira gestorum, Famuli tuorum, Solve poluti, Labire atum – Sancte Iohannes”.

Molto più tardi le due iniziali dell'ultimo verso, S e I, verranno usate per designare la settima nota. Nel XVII secolo Ut venne modificato in Do (da "Dominus"), più agevole per il canto avendo una finale in vocale, anche se la denominazione Ut è ancora usata in Francia.

Su questo sistema di notazione si basò la solmisazione, un primo metodo di solfeggio attribuito al monaco da cui deriva il moderno esercizio di lettura della musica.

A Guido d'Arezzo è anche attribuito l'utilizzo di un rigo di quattro linee detto tetragramma su cui posizionare le note, che può essere considerato l'antenato dell'odierno pentagramma.

Le note non sono sempre state come sono oggi, ma hanno subito una graduale alterazione nel corso dei secoli, dall'iniziale forma quadrata, l'aspetto delle note andò a precisarsi con l'affermazione della polifonia, poiché vi era necessità di individuare i rapporti di durata dei vari suoni.

Guido Monaco.jpg
guido-d-arezzo1.png

Altezza.

L'altezza del suono viene scritta mediante la posizione delle note sul pentagramma o rigo musicale. Più il suono è acuto più viene scritto in alto.

Il rigo musicale può essere considerato come un sistema di coordinate cartesiane, dove sull'asse delle ascisse poniamo il tempo e sull'asse delle ordinate la frequenza del suono; ogni nota viene posta in ordine temporale (coordinata x) e il valore di ordinata (y) stabilisce l'altezza del suono. Ci possono essere note che superano l'ambito del pentagramma, perché più acute o più gravi; allora si ricorre ai tagli addizionali. Essi sono brevi lineette che simulano ulteriori linee al rigo musicale, oltre il pentagramma.
Tutto questo non è ancora sufficiente a dare un nome ad ogni nota, occorre identificare un'origine del piano cartesiano. Questa si stabilisce mediante la chiave, che fissa il nome della nota a cui si riferisce, su una linea del pentagramma. Esistono sette chiavi che prendono il nome di setticlavio.
La posizione del punto sul pentagramma stabilisce l'altezza solo dei suoni naturali, ma vi sono anche i suoni alterati. Per scriverli, si mantiene la posizione della nota inalterata, ma si aggiunge subito prima un segno di alterazione.

Durata

La notazione della durata musicale, è data dalla ''durezza'' di una nota, il grado per cui è categorizzata lunga o corta. Come segni per definire la lunghezza, si usano il punto, la virgola, l'accento, il cappello e la linea prolungatrice.

Tre sono state le maniere con le quali si è provveduto, nelle diverse epoche della storia musicale, alla rappresentazione grafica dei suoni. La più antica è stata quella che si è valsa delle lettere dell'alfabeto (ciascuno nella sua lingua), a ognuna delle quali si è fatto corrispondere un suono determinato. La seconda maniera è stata quella dell'uso di segni convenzionali, maniera assai più complicata della precedente e che, in generale, ha avuto bisogno che il significato dei suoi segni fosse chiarito da altri segni tratti, talvolta, dalla prima maniera. La terza maniera è, infine, quella dei numeri che è stata adoperata, in specie, per la rappresentazione delle musiche strumentali (organo, cembalo, liuto), a sé oppure con l'ausilio di altri simboli (v. intavolatura).

La Notazione alfabetica È certamente la più antica e la vediamo adoperata in alcuni antichi sistemi musicali orientali cinese e indiano, nonché nel sistema musicale ellenico dove possiamo trovarne traccia sino dal sec. VII a. C. . Ne fecero largo uso anche i Romani, sostituendo l’alfabeto latino a quello greco. Dopo la caduta dell'impero romano e dopo lo sfacelo dell'antica civiltà la notazione alfabetica seguì la sorte dell'arte alla quale era legata: l'oscurità l'avvolse e ne rese incerte le tracce per varî secoli, mentre, intanto, sorgevano e fiorivano multiple nuove notazioni, di derivazione orientale con differenti segni convenzionali e contemporaneamente nuove notazioni Occidentali basata sui Neuma, quelli che evolveranno nelle nostre Note. E quindi ripresero a fiorire notazioni alfabetiche (Boezio) o ancora differenti (Oddone di Cluny).

Con il sec. XI e con l'adozione definitiva del sistema di notazione e di solfeggio ideato da Guido d'Arezzo e specialmente per l'uso, rapidamente diffusosi in Italia, del sistema di 4 linee, ogni movimento melodico, ogni combinazione armonica trovò la sua interpretazione, prima nelle figure della scrittura neumatica, poi in quelle della notazione quadrata, che da quella discendeva. Tutto divenne più facile, i sistemi iniziarono ad unificarsi.

Ai tempi attuali l'uso della notazione alfabetica è del tutto scomparso; anche se tracce se ne trovano nelle chiavi, che altro non sono se non trasformazioni delle lettere F (chiavi di fa), C (chiavi di do), G (chiavi di sol), e nei segni del bemolle (v.) e del bequadro (v.), che, in origine, non furono se non un b rotondo e un b quadrato.

La notazione musicale che oggi è adoperata da tutti i popoli civili è appunto quella formata da segni convenzionali, derivante da come fu strutturata nel XI secolo da Guido d’Arezzo. Nella sua lunga esistenza, quella notazione assume varie forme: dapprima semplici e imprecise che hanno sviluppo, in seguito, nella cosiddetta notazione neumatica (fino al XIII° sec.); in forme, poi, sempre, più precise e complesse, che hanno ampio svolgimento nella notazione quadrata (XIV-XVII sec.) dalla quale sorge più tardi il sistema di scrittura musicale attuale.

Graduel d'Aliénor - Nativité-673x449_edited.jpg
bottom of page