a cura di Lions Club Arezzo Chimera
Araldica di Arezzo
Chissà quante volte vi siete chiesti le origini del simbolo più famoso e conosciuto della città di Arezzo: il cavallo rampante, anche se sarebbe più corretto dire "inalberato" come impone l'araldica.
Prima di arrivare a parlare del significato dello stemma, è necessario fare un passo indietro. Perché sfortunatamente nel sacco cittadino da parte di masnade mercenarie nel 1384 venne incendiato l’Archivio comunale, rendendo così frammentarie le ricostruzioni anche degli emblemi civici dell’età d’oro medievale aretina. Inoltre la codificazione araldica si attesta alla fine del XII secolo, quale esito di una evoluzione aggrovigliata e frutto di selezione degli emblemi civici.
In merito piace segnalare, curiosando ad Arezzo, che l’Archivio vecchio di Cortona riporta un sigillo del comune di Arezzo che risalirebbe intorno all'anno 1000 con un cavaliere sul suo cavallo (“est unos homo eques in uno equo”), accompagnato dalla frase: “Aretii dignum vos urbi noscite signum”. Secondo tale descrizione l’antico sigillo mostrava un cavaliere a cavallo, come nel poster storico della Giostra del Saracino
Prime tracce dello stemma di Arezzo
Le prime tracce di uno stemma per Arezzo risalgono al 1098, periodo in cui si attesta l'esistenza del Libero Comune. Alcuni annali riportano uno scudo rosso tra i primi simboli adottati richiamando "l'ancile" di Numa Pompilio: la leggenda vuole fosse un dono di Marte al re di Roma (secondo l'oracolo fino a quando lo scudo fosse rimasto in possesso della città, essa avrebbe conservato il suo potere). Comunque da sempre i romani hanno assunto il rosso come loro colore e credevano che tutte le città di fondazione romana dovessero adottare come loro primo stemma uno scudo rosso come l’ancile. Arezzo, pur essendo di origine etrusca, fu costretta ad adottare l'ancile come stemma in seguito ai numerosi tentativi di riacquistare la propria indipendenza: una sorta di punizione, un modo per ricordare la sottomissione, da parte dei romani. Quel rosso è lo stesso che tutt’oggi rappresenta il gonfalone cittadino; un rosso nel tempo diventato più scuro e più modernamente virato all’amaranto (dal colore della omonima pianta).
L'insegna del Libero Comune
Così, a stretta derivazione di quello romano, il primo stemma di Arezzo era uno scudo bipartito di rosso e di argento. Argento che in araldica richiama il bianco ma che, successivamente, lasciò il posto al verde (seppur non esiste una datazione certa di questa modifica).
Insegna del Popolo di Arezzo
Simbolo riconducibile ad Arezzo anche quello di una croce d'oro in campo rosso. Era il 1200 e anche in questo caso non era presente il classico cavallino. Questo simbolo rappresentava il "Popolo", una parte della cittadinanza corrispondente alla borghesia che si riuniva all'epoca in corporazioni. In molte città, il "Popolo" adottava come simbolo uno scudo con sfondo colorato con una croce (a Firenze color argento, ad Arezzo colo oro).
Questa l'insegna anche del Capitano del Popolo
Il cavallo inalberato
L'emblema rosso e verde (poi ripreso dal Quartiere di Porta Crucifera), continuò a rappresentare il Libero Comune anche quando Arezzo iniziò ad espandersi. Era il XIV secolo ed era necessario distinguere la città, dal contado e dal distretto. Ecco allora che l'emblema bipartito rosso e verde restò ad indicare il Libero Comune, mentre venne introdotto un altro simbolo, un cavallo inalberato, all'epoca ad indicare lo Stato aretino.
In araldica il cavallo è tra gli emblemi più diffusi. La descrizione di quello aretino recita: "d'argento al cavallo rivolto, allegro, inalberato di nero".
Il cavallo è da sempre simbolo di valore, animo intrepido, assunto nello stemma da chi aveva attaccato il campo nemico e lo aveva disperso con una carica di cavalieri.
La definizione di "allegro" significa "privo di finimenti", "inalberato" di "impennato che si drizza sulle reni".
Anche per quanto riguarda la posizione degli animali esistono delle regole ben precise in araldica: l’immagine è descritta dalla parte di chi lo indossa, nelle vesti o negli scudi. Pertanto la destra è la sinistra di chi lo guarda frontalmente. Sulla definizione di ‘rivolto’ tutt’oggi si discute: secondo alcuni significa girato dalla parte opposta a quella consuetudinaria in araldica, a sottintendere la predisposizione aretina a non soggiacere a regole esterne. Tant’è che ‘il verso’ dell’impennamento del cavallo sarebbe stata modificata successivamente al XIV secolo durante il dominio fiorentino; ed oggi si trovano loghi con il cavallino inalberato a sn (come da regola araldica e così riposizionato dai fiorentini) e a dx (come parrebbe essere stato in origine).
Cavallo nero, qualcuno sostiene, quale omaggio al lutto per la morte dell’Imperatore Enrico VII di Lussemburgo (in volgare italiano Arrigo VII), a sottolineare la partigianeria ghibellina della città, ma questa interpretazionepur suggestiva, è oggi opinata dai più
Guelfi e Ghibellini
Anche ad Arezzo, seppur nota come città ghibellina, convivevano Guelfi (tra cui famosa la famiglia Bostoli) e Ghibellini (guidati dai Tarlati).
Ogni fazione aveva i suoi emblemi, purtroppo andati perduti: si suppone che i Guelfi avessero quale simbolo un leone, in guisa ai più noti guelfi fiorentini, seppur oggi nella Giostra del Saracino siano simboleggiati dallo stemma di Carlo d'Angiò. Al pari i ghibellini potrebbero aver avuto un'aquila qualmbolo, oggi trasfigurato nella tradizionale aquila imperiale nera su campo oro