
a cura di Lions Club Arezzo Chimera

Cassia Vetus
a cura di Roberto Cecchi
da Italiastoria, Wikipedia, TuttaToscana.net,
In altre parti di questo sito abbiamo parlato di come Arezzo fosse uno snodo particolarmente impostante per giungere a Roma da Nord, fino a diventare la terza città italiana (dopo la stessa Roma e CapuaVetere) in epoca augustea (vv. “Arezzo Augustea: 3° città d’Italia” e “Arezzo incrocio di pellegrini”)
E’ pertanto facilmente comprensibile come da Arezzo passasse una delle principali vie consolari romane.

L'immenso complesso di strade realizzate dai Romani rappresentano un'opera di straordinaria ingegneria che, con complessivi 100.000 Km di lastricato (ed almeno altri 150.000 Km di strade in terra battuta), hanno contribuito allo sviluppo della civiltà romana in tutto il mondo allora conosciuto.
Per Plinio il Vecchio:
"I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che furono dai Greci neglette, cioè nell'aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache"
Per Victor W. von Hagen
(Le Grandi Strade Di Roma Nel Mondo - Victor W. von Hagen)
"Le strade romane sono un fattore di un'importanza incalcolabile nella storia dell'umanità. Roma divenne una fonte mobile di civiltà e la padrona del mondo proprio perché attraverso le sue strade era riuscita a controllare sistematicamente gran parte della superficie della terra. Dal «Miglio d'oro» (Miliarium Aureum) del Foro, su cui erano segnate le distanze, diciannove strade lastricate conducevano in ognuna delle province dell'Impero. Correndo ininterrottamente fino al Reno e al Danubio arrivavano nelle Terre degli Sciti sulle rive del Mar Nero, all'Eufrate, in Africa, in Arabia e perfino nell'India.
Le diciannove strade originali si svilupparono ramificandosi, crescendo e moltiplicandosi nello spazio e nel tempo finché sotto il regno di Domiziano Roma non si trovò ad amministrarne ben trecentosettantadue. Gli ingegneri romani non cercavano di aggirare gli ostacoli naturali del terreno; li affrontavano qualche volta addirittura violentandoli. Se incontravano un fiume lo scavalcavano con un ponte; se trovavano sul loro cammino una palude trasformavano la strada in un terrapieno. Le loro strade valicavano a zig zag le Alpi forandole con dei tunnel là dove non c'era altra soluzione. L'insidia delle acque veniva eliminata cercando, dov'era possibile, di aggirarla. Prima di mettersi al lavoro i costruttori si assicuravano prudentemente che il terreno fosse asciutto. Roma continuò per otto secoli a costruire strade. Poi, com'è il destino di tutti gli imperi, arrivò anche per lei la fine. Ma ormai i suoi ingegneri avevano lastricato il mondo.

I primi costruttori di strade sul suolo italico furono però gli Etruschi. La via Clodia ricalcò almeno in parte un'importante percorso etrusco che collegava Caere (Cerveteri) a Volsini novii (Bolsena), e la via Cassia, da Roma a Cortona fu prima etrusca, e così la via Aurelia che costeggiava il Tirreno. I Romani però usarono la selce, molto più dura e resistente del tufo degli Etruschi, il cosiddetto basolato romano (vv il documento “viabilità romana”).
Con il nome di vie, Viae, venivano indicate le strade extraurbane che partivano da Roma, mentre le strade, Strata, (cioè fatte a strati) erano quelle all'interno di un centro abitato.
Le strade dovevano durare a lungo e la loro costruzione, eseguite da soldati se in territorio straniero, era molto accurata.
Moltissime strade, in Italia, Europa, Africa e Oriente sono ancora usate seguendo il percorso originale: solo le grandi autostrade, costruite nel XX secolo, hanno permesso una mobilità maggiore, ridimensionando le grandi consolari a smaltire il traffico locale.
Costruite principalmente per scopi militari, consentendo un veloce spostamento di truppe, corrispondenza e merci tra posti lontanissimi tra loro, contribuirono anche al notevole sviluppo del commercio, così importante all'economia di Roma, e delle comunicazioni postali, così efficienti nell’impero.
I Romani distinguevano:
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vie (dal latino Viae), che permetteva il transito di due carri contemporanei in senso opposto (da qui il termine carreggiata).
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l'actus, dove si poteva transitare solo a piedi o a cavallo, largo circa la metà della via
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l'iter, dove si poteva andare a piedi o in lettiga ma senza usare animali.
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la semita poi era una semi-iter, più piccola.
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il callis una stradina tra i monti.
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la trames era la via traversa di un'altra via.
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il diverticulum una strada che si staccava dalla consolare per arrivare a una località.
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bivi, trivi e quadrivi per gli incroci di strade.
Si dividevano poi in:
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strade pubbliche, dette pretorie e consolari, a seconda se costruite da un pretore o un console
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strade private dette agrarie.

Da Roma quindi si raggiungeva il Nord principalmente attraverso 3 strade consolari: tra queste la Cassia Vetus (il cui tracciato sarà poi modificato con la Cassia Adrianea ed ancora in seguito) passava da Arezzo, l’Aurelia costeggiava il Tirreno e la Flaminia permetteva attraverso Perugia di raggiungere Ariminum (Rimini).

La Cassia ripercorreva in gran parte itinerari etruschi, a loro volta costruiti su uno degli assi principali di movimento degli uomini sin dai tempi della preistoria. Il tracciato etrusco univa Chiusi ad Arezzo passando per Cortona. Nel II° secolo Arezzo divenne roccaforte essenziale a difesa delle incursioni dei Celti. Non sappiamo quando fu iniziata la Cassia, e da chi: è probabile che la Repubblica iniziò a costruire un tracciato almeno fino a Clausium già dopo la vittoria contro gli Etruschi a Sentinum (295 a.C.). Prese però il nome di un Cassio, che si occupò forse di sistemarla definitivamente o prolungarla. Il più probabile è Gaio Cassio Longino (console 171 a.C.) ma ci sono anche Quinto Cassio Longino (console 164 a.C.), Lucio Cassio Longino Ravilla (console 127 a.C.), Gaio Cassio Longino (console 124 a.C.), Gaio Cassio Longino (console 96 a.C.).
Dalla porta “Fontinalis” nelle mura serviane, la via Cassia superava Ponte Milvio, condividendo il tracciato per alcune miglia con la Via Flaminia, la Via Clodia e l’Amerina. L’Amerina è probabilmente un tracciato più antico della Cassia, sul quale fu costruita la consolare romana, e fu realizzata dai Falisci, anche se il tratto tra Veio e il fiume Tevere era l’antica “via Veientana”, costruita da questa grande rivale etrusca di Roma.
Poi giungeva alla stazione di Veios, dove avviene anche la separazione con la Clodia. La successiva stazione della posta imperiale (la Mansio) era Ad Vacanas, a 9 miglia da Veios, dove oggi è la valletta di Baccano, vicino al lago di Bracciano. Fino a qui, 21 miglia da Roma, la Via Cassia era basata sulla già citata Amerina, un’antica via etrusca conducente in Umbria. Poco dopo Settevene vi era il bivio da cui la Via Amerina si dipartiva dalla Cassia proseguendo in parallelo alla Via Flaminia in direzione di Perugia. Questo tracciato – dopo la conquista dei Longobardi della Via Flaminia – divenne il principale asse di comunicazione tra Roma e Ravenna: fu allargato e fortificato (uno degli ultimi interventi sulla viabilità antica nella tarda antichità) e divenne il cosiddetto corridoio bizantino, la fragile via di comunicazione tra le due capitali dell’Italia bizantina.

nel comune di Castiglion Fibocchi, in occasione della messa in opera della nuova rete fognaria, è stata riportata alla luce una porzione di un antico selciato stradale in ottimo stato di conservazione, riferibile all'antica Cassia Vetus.
Si ha conferma che il percorso della Cassia vetus non ha niente a che vedere con quello della s.s 2, la moderna Cassia, riedificata su antichi percorsi in epoca imperiale, detta anche Cassia francigena o Cassia Adrianea che da Chiusi deviava per Civitella in Val di Chiana e Siena per raggiungere Firenze .
La Cassia attraversava quindi il territorio di Veio, quello di Sutri e quello di Forum Cassi, nei pressi dell’odierna Vetralla, per poi proseguire nella Tuscia. Toccava quindi Castrum Viterbii (Viterbo), Mons Flascun (Montefiascone: qui si ha anche uno dei tratti meglio conservati del basolato), Urbs Vetus (Orvieto), Clusium (Chiusi), Cortona, puntando poi verso Arezzo.
Il tratto da Arezzo a Fiesole coincide esattamente con quello etrusco. La presenza di questo percorso è testimoniata dai nomi dei luoghi. Terzolle, Quarto, Quinto, Sesto e Settimello non indicano altro che la distanza in miglia da Firenze.
La Cassia Vetus usciva da Arezzo dalla medievale porta San Clemente, superato l’Arno a Ponte a Buriano (Vicus Aburianus) correva lungo le pendici del Pratomagno ad una altezza media di circa 300 m sia per evitare l’attraversamento di piccoli corsi d’acqua sia la pianura alluvionale dell’Arno.
In epoca medievale, fra Castiglion Fibocchi (dove nel XII° venne eretto il “Castellio de Filiis Bocchi”), e Cascia vicino a Reggello, prese il nome di via dei Sette Ponti lungo la quale sono stati rinvenuti numerosi resti di età romana e pre-romana.
L’area su cui si snoda la strada è caratterizzata da ampi pianori, come testimoniano i toponimi di molte località Pian di Cascia (forse Plano de Via Cassia), Pian di Castelfranco, Pian di Scò ed è costellata di pievi romaniche, come Pieve a Gropina, a testimonianza di quanto il percorso sia stato frequentato anche in epoca medievale. Attraversato il torrente Ciuffenna la strada piegava verso Montemarciano, Montalto, Certignano, Donnini,Pitiana, ponte sulla Sieve (fluvius Sevis) di cui resta qualche piccola traccia, Fossato, Quona. Come riferisce il Chini circa 800 metri a nord dalla confluenza della Sieve nell’Arno esisteva un tempo il cosiddetto “ponte a Vico”, di epoca romana, dove si dice fosse transitato Annibale in marcia verso il Trasimeno.
Al di là del Sieve proseguiva lungo la riva destra dell’Arno, toccando il borgo delle Sieci, quello di Compiobbi (Complubium). Qui, abbandonato il corso dell’Arno, si dirigeva verso Terenzano, Settignano, Corbignano, Maiano, fino all’etrusca Fiesole.

Bolsena deriva il suo nome da Volsinii, originariamente nei pressi di Orvieto, per poi essere spostata dai Romani in quella che oggi è la moderna Bolsena (Volsinii Novi al tempo dei Romani). Con l’insicurezza del V secolo, il centro abitato si sarebbe poi rispostato sul colle di Orvieto (UrbsVetus…la vecchia città, per gli abitanti di “Volsinii Novi” romana).
Chiusi, l’etrusca Clevsin o Camars, che divenne Clusium per i Romani, fra il VI e il IV secolo a.C. fu una grande potenza, una delle città principali della dodecapoli etrusca. Il suo ‘Lucumone” o re locale, Porsenna, conquistò probabilmente Roma dopo la cacciata del loro ultimo Re, ma non riuscì a dominarla. Poi Clusium divenne un importante municipio romano e i suoi abitanti erano probabilmente e in buona misura stanziati, tra l’altro, nel fondovalle, lungo la consolare Cassia e il navigabile Clanis, paralleli e attigui. Il Clanis era un fiume importante: molte opere idrauliche di epoca romana lo avevano reso navigabile fino al Tevere, e a Roma, ma oggi il fiume è scomparso (vv Bacino idrografico del Clanis).
Chiusi era una città importante anche durante l’Impero e nell’alto medioevo: fu sede di uno dei due ducati longobardi della Tuscia (con Lucca) prima di declinare in ruolo ed importanza, a favore di Siena e Firenze.
Sul Lago Trasimeno (sfiorato dalla Cassia Vetus) si combattè la famosa battaglia che contrappose Annibale al console Gaio Flaminio Nepote; un disastro completo per le armi romane.
Dalla mansio ad novas la Cassia Adrianea proseguiva in direzione Nord, verosimilmente verso Civitella in Val di Chiana, lungo le colline occidentali della Val di Chiana per puntare direttamente su Firenze.
Dopo Arezzo, la Cassia Vetus puntava originariamente per Fiesole, seguendo un percorso collinare e accidentato, mentre la variante Adrianea, seguiva un percorso simile a quello dell’attuale via fiorentina, in direzione di Firenze, lungo la ben più agevole Val d’Arno e ben più corto.



L’intinerario della Cassia dopo Firenze fu costruito per ultimo. Da Faesulae giungeva a Pistorium (Pistoia), presso cui, in direzione nord c’era probabilmente una diramazione detta Piccola Cassia, che giungeva a Modena. La Tabula Peutingeriana ( vv " viabilità romana") pone al nono miglio da Firenze (nell’attuale Comune di Calenzano) la mansio Ad Solaria, un grande complesso dotato di magazzini, cortile interno e un pozzo, databile al I-II secolo d.C. (anche per sapere il significato di mansio, vv. viabilità romana). Non è un caso che questa stazione di posta si trovasse in corrispondenza dell'incrocio tra la Cassia e un’altra direttrice che andava verso Nord, valicando il Passo delle Croci, e raggiungeva il Mugello ricollegandosi alla via Flaminia Militare. Di notevole interesse anche il ritrovamento nel 2003 dei resti di una villa-fattoria di età augustea poco oltre la località detta “La Chiusa”, tra la collina di Montedomini e il torrente Marina, edificio occupato per tutta l'età imperiale e abbandonato nel periodo tardo antico a seguito di un incendio.
La consolare arrivava a Luca (Lucca), città fondamentale per la geografia del nord della Toscana. Il tracciato proseguiva sul percoso della Via Clodia Nova, passando per la valle del Serchio e per la zona collinare della Garfagnana, Da Lucca proseguiva verso nord parallela al mare valicando il Monte Magno per raggiungere prima Campus Maior (Camaiore) poi Pietrasanta. Da Pietrasanta, che fu fondata sul modello del campus romano e aveva come decumano proprio il tracciato della Cassia, proseguiva ai piedi delle colline fino a Taberna Frigida (Massa), dove la Cassia si ricongiungeva con la via Aurelia, per poi proseguire verso la città di Luni, antica città romana che dà il nome alla Lunigiana.
Da Luni, partiva la Via Aemilia Scauri, che alcuni studiosi sostengono seguisse la costa ligure per raggiungere Vado, mentre per altri passava il passo della Cisa, per aggirare la costa ligure.
Il percorso fa capire come la Cassia fu concepita più che altro per lo spostamento di truppe verso il nord della penisola, come se le colonne di soldati potessero scegliere da quale valico attraversarli, senza per forza utilizzare altre strade come ad esempio la Flaminia.
Già molto deteriorata e danneggiata ai tempi dell’Imperatore Traiano, fu in parte sostituita dalla via Traiana Nova. Essa condivideva per un tratto lo stesso percorso della vecchia Cassia per poi tagliare fuori alcune zone alluvionali rendendo il percorso più corto e diretto.
In epoca medievale il percorso della Cassia venne ulteriormente modificato, anche a seconda dell’importanza che andavano acquisendo alcuni centri abitati, in particolare tra il VII e l’VIII sec. d.C., quando Bizantini, Franchi e Longobardi si spartirono i territori del centro Italia. Il percorso della Cassia fu poi particolarmente usato dai pellegrini che si recavano a Roma, costituendo, così, un tratto della Via Francigena.
Si ha notizia anche di un percorso alternativo della Cassia vetus che passando dal Casentino ripercorreva probabilmente un tratto della Flaminia militaris, la via consolare che collegava Arezzo e Bologna.